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Davvero gli hawaiani credettero che capitan Cook, giunto nella loro isola nel 1779 con due grandi navi, fosse l'incarnazione di un loro dio, venuto dal mare per celebrare insieme a loro l'Anno nuovo? O piuttosto gli abitanti di quel lontano arcipelago erano troppo pratici, razionali e realistici per poter scambiare un capitano britannico per una divinità locale?È quest'ultima la tesi avanzata da Obeyesekere, un antropologo anch'egli nato in un contesto non occidentale, che ha di recente - e con forte carica polemica - messo in radicale discussione le tesi fin qui avanzate da Marshall Sahlins. In questo libro il grande antropologo risponde alle accuse con un piglio polemico appassionato e vibrante, che non cerca riparo dietro la sua pur indiscussa autorevolezza. La posta in gioco è infatti assai più alta di quanto non sia la rilettura dello specifico episodio della morte di Cook, e comprende interrogativi cruciali per l'intera disciplina: è possibile per degli antropologi occidentali descrivere adeguatamente la cultura di popolazioni non occidentali? È possibile davvero capire, da parte di persone esterne, «come pensano i nativi?».L'autodifesa di Sahlins si trasforma in un vero e proprio contrattacco: attraverso la riaffermazione del valore della storia e la sottolineatura del peso delle differenze culturali, Sahlins rivendica insieme la legittimità di un punto di vista «non realistico» da parte delle popolazioni hawaiane e la possibilità per l'antropologo occidentale di comprendere culture anche molto diverse dalla sua. Di là da ogni presunta omologazione, o al contrario da ogni pretesa impossibilità di dialogo, Sahlins difende dunque la legittimità stessa del punto di vista antropologico, l'aspirazione a capire «l'altro», senza annullarne o disconoscerne le differenze.
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