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Massimo Mongai è uno scrittore costantemente in cerca dell’Idea Nuova, del quid narrativo ancora da brevettare, del topos letterario ove Nessuno È Mai Stato Prima. Questa ricerca ha caratterizzato la sua produzione sin dal romanzo d’esordio MEMORIE DI UN CUOCO D’ASTRONAVE, dove egli introduceva, nel campo della fantascienza, una voce narrante inedita, quella dello chef d’una nave spaziale. E caratterizza anche quest’ultima opera, il thriller MORTE A MONTECITORIO, in cui le novità assolute sono ben due. La prima è l’ambientazione, giacché il delitto che scatena l’indagine si consuma – non ci sono precedenti nel pur vastissimo catalogo dei gialli cartacei e/o cinematografici – all'interno di uno dei più noti palazzi del potere romano. La seconda è la tipologia d’investigatore: Mongai introduce la suggestiva quanto sperimentale figura del “commissario-deputato”, un parlamentare neo-eletto che si trova a disporre della somma dei poteri/privilegi di ufficiale di polizia e d’onorevole, risultando così una sorta di “super-detective” cui tutto, o quasi, è concesso. Il combinato disposto di queste due invenzioni rende il thriller di Mongai intrigante e curioso da leggere, anche per le numerose digressioni (che sulla Settimana Enigmistica finirebbero sulla rubrica "Strano ma Vero”) sui segreti storico-architettonici del palazzo di Montecitorio, e per l’aneddotica (gustosa, ma anche irriverente) sulle procedure parlamentari e sui protocolli dell’organo legislativo che spesso sfuggono al buon senso di noi umili & insignificanti cittadini comuni. Giacché però questa è una critica, occorre che io critichi. Dirò dunque che, per sviscerare le conseguenze – anche giuridiche – delle novità di cui sopra (delitto in parlamento, investigatore-deputato) il Mongai un po’ si perde in sottigliezze d’avvocato (ricordiamo che l’autore è laureato in legge) che manderebbero in sollucchero un costituzionalista, ma che al lettore comune potrebbero alquanto annoiare. In questo caso, il consiglio personale che mi sento di dare all'eventuale lettore tediato è di resistere, o di saltare a pie’ pari le suddette digressioni giuridico-duepalle-costituzionali, perché il finale della vicenda – diciamo le ultime 20 pagine - è senza dubbio travolgente e v’incollerà alla lettura. La scoperta del movente dell’omicidio è per lo meno conturbante. Il confronto conclusivo tra l’assassino smascherato e il super-detective, poi, è da cineteca, sia per forza espressiva che per efficacia di dialogo. In conclusione, un libro da divorare, magari davanti a una puntata di Ballarò oppure a un altro incontro-scontro televisivo tra politici che manderemmo volentieri ammorìammazz...
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