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L'autore riesce a creare con poche parole una atmosfera iper-realista con scene che sembra di viverle per quanto sono caratterizzate bene. Spaventa perché sai che da un giorno all'altro potresti svegliarti e prendere il posto del protagonista. Poi ti accorgi che Mattia Torre è bravissimo a trattare questo tema senza terrorizzarti. Le condizioni di un malato che pur se trattato bene, circondato di affetto, alla fine è da solo sul letto d'ospedale a combattere contro la malattia. Con l’idea che la malattia si vince con la testa e con un passo per volta. I personaggi hanno tutti con caratteri diversi, con il loro modo di esprimersi, con le loro manie e con quel tratto comico che non ti fanno pesare la lettura. Si parla di un tema pesante eppure, durante la lettura, non fai altro che ridere.
Libro scritto molto bene. Malinconico ma con diversi passaggi che fanno sorridere. Un libro vero, diretto, che parla della paura e della tristezza che vive chi non sta bene. Personaggi bel caratterizzati e credibili
Un romanzo per immagini, una pièce teatrale, che si divincola nel micromondo di un nosocomio ospedaliero, tra primari, che operano indefessi, medici dei reparti, che snocciolano interi rosari di mezze frasi fatte, nel mentre tentano malcelatamente la fuga dai loro pazienti. E, poi, ancora, caposala, con dubbi gusti musicali, infermieri "droidi", OSS, tirocinanti, e pazienti. Ottimisti, pessimisti, realisti, alienati, dissociati da quello che erano nel mondo fuori, ma tutti, fondamentalmente, uguali, nei camici, con apertura sul davanti, nelle umane preoccupazioni e nella solitudine della stanza e dei pensieri. L'ospedale è una livella, che pialla le differenze, in una quotidianità seriale e ritmata di gesti, frasi, ascensori, scale, salite e discese, protocolli, routine. C'è il Professore che opera ininterrottamente e che misticamente appare ai suoi pazienti; c'è l'oncologo che dispensa sentenze, accompagnato, dall'ombra silenziosa e sagace, della Morte; c'è il sacerdote del reparto, che da consolatore diventa, suo malgrado, uno sconsolato inconsolabile, che non crede a ciò cui spingeva a far credere tutti gli altri. Un diario di bordo che è una routine quasi disumanizzante, che riduce tutto a una semplice, doppia equazione: in verticale, si è vivi; in orizzontale, no.
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