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Nel corso della seconda guerra mondiale l’occupazione del suolo italico da parte dei tedeschi diede luogo a un sistema di terrore analogo a quello che in Europa caratterizzava la presenza delle truppe naziste. In Italia però non c’erano solo i soldati del Reich a compiere atrocità, ma purtroppo altri italiani si macchiarono di analoghi reati e mi riferisco ai membri, a diverso titolo e livello, della Repubblica Sociale Italiana. Per quanto possa sembrar strano, finita la guerra i responsabili di tante efferatezze non pagarono, nel senso che le condanne furono veramente poche, pochissime quelle alla reclusione, ancor meno quelle a morte. In particolare, oltre a un occhio di riguardo di parte della magistratura di nomina fascista, ci pensò anche l’amnistia di Togliatti a dare una mano a questi criminali, ma peggio ancora fu l’insabbiamento di ben 695 fascicoli processuali sui crimini di guerra nazi-fascisti, che in pratica scomparvero dalla Procura generale militare, per poi essere ritrovati nel 1994 in un armadio situato in uno sgabuzzino con le ante appoggiate al muro. Lì c’erano notizie su eccidi, omicidi, saccheggi, con testimonianze e perfino con i nomi dei colpevoli da rinviare a giudizio. Una simile mole di materiale, volutamente occultata, diede la prova che la rappresaglia era una vera e propria tattica terroristica preventiva e che quindi non avveniva, salvo rari casi, come una naturale, seppure esagerata reazione alle azioni dei partigiani. Il libro di Franzinelli parla organicamente di questi anni di terrore, ma anche di quelli, in cui finito il terrore, si sarebbe dovuto vedere la punizione dei colpevoli, ma invece non fu cosi per diversi motivi, che l’autore evidenzia, e che rappresentano un’ulteriore vergogna per l’Italia.
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