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Nationality Letteratura: Cina
Il paese dell'alcol
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Il paese dell'alcol - Mo Yan - copertina
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paese dell'alcol

Descrizione



La metafora del cannibalismo è profondamente radicata nell’immaginario cinese. A Jiuguo, il Paese dell’alcol, essa raggiunge però una forma particolarmente raffinata e al contempo crudele.

«Il Paese dell’alcol è per molti versi una provocazione, un tassello importante della letteratura cinese contemporanea». - Neue Zürcher Zeitung

L’ispettore Ding Gou’er è sulle tracce di un orrendo traffico che consente ad alcuni selezionati ristoranti di offrire ai propri clienti un cibo prelibatissimo: la carne di neonato. Inviato a Jiuguo per verificare la fondatezza delle anonime accuse ricevute in Procura, Ding è costretto a continue libagioni nei banchetti ufficiali a cui è invitato dalle autorità locali, e, obnubilato dai fumi dell’alcol, non riesce mai a capire se quanto gli viene imbandito è veramente carne umana o una presentazione ad effetto frutto della manipolazione di altri ingredienti: le braccine che gli vengono offerte come leccornia si rivelano gambi di fiori di loto abilmente modellati dal coltello del cuoco. Nelle indagini trova antagonisti e compagni, non sempre fidati, e incontra una serie di incredibili personaggi, dalla seducente autista di camion al diabolico nano imprenditore, dal boss locale alla responsabile dell’Accademia di cucina che insegna a cucinare gli ornitorinchi, dal guardiano del Cimitero dei martiri rivoluzionari al venditore ambulante di ravioli, una fantasmagoria di personaggi che spesso sfumano nel fantastico e nel demoniaco. Nei dieci capitoli dedicati all’inchiesta, sono incastonati uno scambio epistolare tra l’autore e un aspirante giovane scrittore esperto di distillazione di alcolici, e un suo racconto breve con personaggi e vicende che rimandano o echeggiano la narrazione cornice: si viene cosí a creare un gioco di specchi tra realtà e finzione in cui Mo Yan finisce per ritrovarsi personaggio nel capitolo conclusivo che non offre né una soluzione dell’enigma né una catarsi, perché i protagonisti e i loro alter ego restano invischiati e presi in trappola, inseguendo le proprie ambizioni e i propri fantasmi e lasciandosi catturare dai meccanismi perversi del potere. Il Paese dell’alcol è forse il romanzo in cui Mo Yan dà la miglior prova di quel «realismo allucinato» che gli ha meritato il Premio Nobel. È un’invettiva contro la corruzione che pervade la società, coltivata dai funzionari al potere ma divenuta una necessità di sopravvivenza per ciascuno, in una Cina che vive uno sviluppo tumultuoso a caccia del successo e del guadagno ad ogni costo.
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Dettagli

2015
4 gennaio 2016
363 p., Rilegato
Jiu guo
9788806155155
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Indice


Un brano dell'intervista di Wuz

WUZ: Sappiamo che cosa vuol dire lo pseudonimo che si è scelto, ma perché ha scelto di scrivere con uno pseudonimo e non con il suo nome?

MO YAN: Ho scelto uno pseudonimo perché molti scrittori famosi sono diventati tali proprio con uno pseudonimo. Inoltre il nome che ho scelto, Mo Yan, «non voglio parlare», rimanda anche al periodo in cui sono cresciuto: durante la Rivoluzione culturale se si parlava troppo e si dicevano cose sbagliate le conseguenze non erano piacevoli per sé e per la propria famiglia. Una delle cose che papà e mamma mi ripetevano spesso era proprio di non parlare e quindi ho preso spunto da quello che mi dicevano i miei genitori. Da piccolo amavo parlare molto, e la mia mamma mi diceva "ma non puoi evitare di parlare, non puoi fare finta di essere muto?". E così, quando ho incominciato a scrivere, l'ho fatto con il nome Mo Yan.

WUZ: La sua era una famiglia di contadini, come mai ha scelto di entrare nell’esercito? E come è arrivato alla letteratura, a diventare uno scrittore?

MO YAN: Una delle cose più evidenti in Cina è la grande differenza tra la città e la campagna. In campagna la gente è meno evoluta, i giovani hanno sempre voglia di andare in città. E poi, una volta, entrando nell’esercito era più facile poter andare all’università. Anche perché nell’esercito, se uno è volenteroso, ha più tempo per studiare. Oltre al fatto che in campagna c’era poco da mangiare e faceva freddo: l’esercito offriva una soluzione per queste cose. Con il tempo libero ho iniziato a scrivere, anche perché l’esercito cinese ha pure una sezione artistica importante: ci sono cantanti e ballerini, ma anche scrittori. Per me è stato naturale prendere questa strada. Certamente c’erano limitazioni in quello che si scriveva, si era spinti a parlare bene dell’esercito. Non avevo questa capacità di scrivere quello che non pensavo. Per questo più di dieci anni fa ho lasciato l’esercito per continuare la mia strada.

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 2/5

I libri di Mo Yan sono sempre caratterizzati da un realismo sconvolgente, ma questa volta il realismo estremo non è sostenuto da una storia che coinvolge. Il tema del cannibalismo e le descrizioni ricche di dettagli raccapriccianti respingono in qualche modo il lettore, facendo prevalere la voglia di sfuggire alla lettura del testo a quella di conoscere l’evolversi della storia. La volontà di sferrare una satira politica pungente e spietata non basta a dare un senso a questo libro, lontano dagli altri romanzi di Mo Yan.

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Marta Belfiore
Recensioni: 2/5

Volevo da tempo avvicinarmi alla cultura Cinese e l'ho fatto con questo libro-documento che parla della presunta consumazione di carne di feto in Cina. Il libro mette molti dubbi ma è troppo caotico, confuso e lineare. I personaggi sono antipatici e poco delineati. La storia non tiene, I dubbi mi restano ma i libro non merita di essere riletto. L'unica cosa che merita è la descrizione del piatto che viene servito all'ispettore durante le indagini, magari leggete solo quel capitolo :)

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Conosci l'autore

Mo Yan

1955, Gaomi (Cina)

Pseudonimo dello scrittore cinese Guan Moye, Premio Nobel per la Letteratura nel 2012.Mo Yan significa, «colui che non vuole parlare» ed è una sorta di risposta scherzosa alla nonna che lo zittiva sempre.Fondatore del movimento letterario «Ricerca delle radici», è considerato il più rilevante scrittore cinese contemporaneo. Dalla sua scrittura evocativa e potente emerge l’anima senza tempo della grande civiltà cinese, impregnata di poesia, di violenza, di sentimenti primigeni.Mo Yan, originario di Gaomi nella provincia dello Shandong, nasce da una famiglia numerosa di contadini poveri e, dopo aver terminato i cinque anni delle scuole elementari, smette di studiare. In principio porta al pascolo mucche e pecore e i suoi rapporti con...

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