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Anno edizione: 2021
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Bellissime le note calde dello scrittore che riesce a cogliere con la sua personale sensibilità orientale le dolci sfumature di una polverosa Alessandria d'Egitto post-rivoluzione. La vicenda avviene in una vecchia pensione cittadina e ruota attorno ai personaggi che ristorano al suo interno. Interessante la scelta narrativa, gli stessi medesimi avvenimenti vengono raccontati da punti di vista completamente differenti a seconda del personaggio che parla. Si riesce così ad avere una totale comprensione dei fatti. Una nota di merito deve essere data anche alla giovane ragazza, cameriera della pensione, arrivata ad Alessandria dopo la fuga dalla sua famiglia, che racchiude nel suo personaggio tenacia, bellezza, forza, sensualità ed intelligenza e che diventa una calamita attorno a cui ruotano gli altri personaggi.
Un breve romanzo simbolista che racconta l’Alessandria e l’Egitto del 1966 attraverso le diverse voci narranti di alcuni fra gli ospiti della pensione Miramar, gestita dall’ormai anziana e perennemente nostalgica signora Mariana. È questo imponente edificio dalle pareti scrostate a prestare il titolo al libro, immerso in una profonda decadenza; la stessa in cui versa la società egiziana circostante, destabilizzata dal rapido susseguirsi di avvenimenti cruciali per la storia del Paese: il fallimento degli ideali nazionalisti e liberali del partito Wafd, l’indipendenza dagli Inglesi raggiunta con amari compromessi, il passaggio da monarchia a repubblica attraverso la Rivoluzione degli ufficiali liberi del 1952, le promesse di riforma - soprattutto agraria – e le illusioni di giustizia economica e sociale, fra mercato nero e speculazione edilizia straniera... Ognuno dei personaggi si relaziona a questa realtà, unica grande protagonista dell’opera, e ne rappresenta con le proprie caratteristiche una sfaccettatura più o meno specifica. Questi interagiscono tra loro grazie ad un solo pretesto narrativo, Zahra, la nuova domestica assunta dalla signora Mariana, la quale attrae tutti con la sua inconsapevole bellezza. Zahra è nei fatti una giovane di campagna scappata dalla propria famiglia per evitare un matrimonio combinato con un uomo molto più anziano di lei, ma, al contempo, simboleggia l’Egitto in cui Mahfuz vive: un Paese in balia di più forze, che si ribella al vecchio pur non essendo ancora del tutto pronto al nuovo; un Paese che però, come Zahra, continua ad andare avanti, con una sorta di fiduciosa testardaggine. L'impressione, a tratti, è quasi quella di leggere Oceanomare di Alessandro Baricco.
Alessandria d’Egitto, 1966. Amore, politica, storia, denaro, morte sono gli elementi attorno a cui si dipanano le storie di sette personaggi molto diversi tra loro che si ritrovano per motivi diversi a vivere sotto lo stesso tetto, quello della pensione Miramar, un albergo che, come la sua sfiorita ma orgogliosa proprietaria Mariana, contrappone ad una ineluttabile decadenza i labili sentori dei fasti di un tempo ormai lontano. Il fulcro del racconto è la morte di Sahran, giovane avventore della locanda, che ci viene raccontata da diverse angolazioni grazie ad un progressivo alternarsi delle voci narranti: ogni personaggio racconta la sua versione, arricchendo la cronaca di particolari sempre nuovi, ma contemporaneamente racconta anche se stesso, la sua storia personale e il suo punto di vista su quella del paese, il proprio modo di essere e di vedere il mondo. Proprio questo sembra essere lo scopo principale di Mahfuz: presentare, attraverso le varie anime che la compongono, un quadro completo e soddisfacente di una società egiziana postrivoluzionaria molto eterogenea, divisa da obiettivi, visioni e interessi diversi. Con stile e originalità narrativa l’autore mischia il giallo con la cronaca rosa, la psicologia con l’analisi storica, il presente con il passato, trovando il giusto equilibrio tra personaggi antitetici e molto rappresentativi, ma forse privi di quel carisma capace di coinvolgere veramente il lettore. Tra tutti l’unica che spicca veramente è la bella cameriera Zahra, forte e decisa ragazza di origine contadina dotata di un fascino selvaggio a cui nessuno è in grado di resistere e che sembra simboleggiare in pieno la massa onesta e lavoratrice del popolo egiziano che cerca di riscattarsi dai soprusi e dall’ignoranza ma che si vede costretta a subire l’influenza e le decisioni altrui: “Credimi, il tuo tempo non è passato inutilmente, poiché chi conosce le ingiustizie conosce anche, come per incanto, il giusto a cui aspira…”.
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