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Garibaldi. Ha senso parlare di lui nel 2010? L'autore pensa di si, e ce ne spiega il perché in questo libro di difficile definizione. Non è una biografia. Pur ripercorrendo la vita dell'eroe, infatti, l'opera è piuttosto incentrata sulla sua contestualizzazione nella società italiana passata, presente e futura. Nemmeno un saggio. L'autore non è, né vuole essere obbiettivo. Dice la sua opinione, non ha nessuna intenzione di essere "sopra le parti". Questo libro si potrebbe più correttamente definire una riflessione, o meglio, una chiacchierata con una persona colta su argomenti che gli stanno a cuore. Nicola Fano, autore di teatro, saggista e giornalista, da anni studia la nostra storia da un punto di vista molto particolare, quello del palcoscenico. Da Arlecchino a Shakespeare, da Petrolini ai fratelli De Rege, lo sguardo è quello scanzonato ma penetrante di colui che studia il pubblico per rappresentarlo e, così facendo, strappargli un sorriso. E magari qualche riflessione, in un contesto come quello italiano dove il riso è spesso stato amaro. E cosa c'entra allora Garibaldi? Procedendo nella lettura del libro si delinea chiaramente la figura di Garibaldi "italiano". Italiano ingegnoso e avventato, quasi un po' folle nel suo agire, appunto, "alla garibaldina", Italiano appassionato e passionale. Perfino italiano all'estero, cacciato dal suo paese ma in attesa di poter tornare e fare qualcosa per renderlo migliore. Poi ci sono quegli aspetti che sembrano rappresentare meno la nostra identità nazionale attuale: onesto, assetato di giustizia, ligio alle regole anche quando vanno contro i suoi interessi, disprezza il denaro. Corre sempre in aiuto dei più deboli. E pone tutto se stesso a servizio di un ideale. Garibaldi ci crede davvero nel suo sogno di unificare l'Italia. Tanto che la morte dell'amata, il tradimento dei suoi compagni, l'opposizione del governo, una ferita al piede (non alla gamba come dice la canzoncina) che lo rende zoppo, le effettive difficoltà di un progetto incredibilmente ambizioso non bastano a fermarlo. E nonostante tutto e tutti ci riesce. Quello che non è riuscito a fare (ci ha provato, ma glielo hanno impedito) è dare un'identità unica agli italiani. Problema che oggi sta portando conseguenze spesso drammatiche. L'autore, in questo libro pieno di amarezza, ma anche di speranza, tira le sue conclusioni. Non da politico, non da storico, ma da italiano innamorato del suo Paese. E ci espone la sua ricetta per migliorare le cose: ripartire da Garibaldi. Onestà, passione, e un pizzico di lucida follia, per arrivare a dire "impossibile non è italiano".
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