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Consigliato dal mio professore di filosofia del liceo, un libro molto interessante che offre vari spunti non solo filosofici,ma soprattutto letterari. Leggendolo sono riuscita ad approfondire un aspetto decisamente molto importante della cultura contemporanea e in generale di quella occidentale che si riassume nella predominanza dell'aspetto materico (quello dell'"avere") sull'"essere". A tal proposito, ho apprezzato molto la declinazione letteraria dell'argomento (che l'autore ricrea in particolar modo nella prima parte) che alleggerisce la materia (rendendola più "appetibile"), ma soprattutto ne fa apprezzare le più profonde sfumature. [Come titolo, una citazione di Keynes che ho trovato leggendo]
Un bel pamphlet in cui l’autore, sulla scorta di numerosissimi riferimenti alle più grandi figure della tradizione culturale occidentale e non (da Platone a Montaigne, da Hugo a Bataille), svolge un’appassionata difesa dell’ “inutile” inteso come piacere disinteressato di conoscere e capire, al di là delle preoccupazioni pratiche ed efficientistiche che oramai dominano non solo la società ma anche l’orizzonte del mondo dell’istruzione. Oltre alle 3 sezioni di Ordine, il libro presenta in appendice anche un breve saggio del pedagoogista americano Abraham Flexner, che già negli anni Trenta avvertiva l’urgenza di mostrare come lo stesso sviluppo tecnologico ed economico sa stato spesso reso possibile dalle scoperte “disinteressate” di scienziati e matematici come Faraday, Gauss etc.
Qual è il valore delle arti umanistiche in una società, quella occidentale, in cui tutto o quasi sembra convergere in modo esclusivo verso la ricerca del profitto? Questa è la domanda a cui tenta di rispondere il professor Ordine. In effetti, in una società siffatta, tutto ciò che non riesce a creare ricchezza corre il rischio di venire bollato come inutile. Scongiurare tale pericolo diventa quindi la motivazione che spinge l'autore a cimentarsi in questo collage di citazioni dotte, prese tra i più disprati scrittori, filosofi o "semplici" pensatori di ogni epoca. Il risultato convince a metà. Le argomentazioni del libro non sembrano possedere quel sacro fuoco necessario a scalfire i dubbi dei più smaliziati tra gli utilitaristi a tutti i costi. Mentre risulterà probabilmente convincente per coloro che già ne condividono gli ideali di base e, soprattutto, per quanti restano persuasi che, come dicevano gli antichi, non si vive di solo PIL.
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