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«Sono qua. Intendo dire in questo bel supermercato, avvolta dagli ziizipziidelle casse che macinano conti, dai crashcresh dei carrelli che s’arrotano sotto queste luci. Neanche in cielo ci sono tante stelle».
Cecilia in trincea, alla cassa numero otto del Super, armata di lettore ottico d'ordinanza e di speranze senza nome. Il Super è al centro del Centro, il nuovo suk al neon sorto all'improvviso in una periferia qualunque, scaglia di città ottusa, dove tutto si sbava e si crepa, subito: dove anche i topi hanno un punto di vista. Davanti alla trincea numero otto scorrono sbattendo i carrelli colmi di merci. In fila, le facce imbronciate della normalità senza volto, vite effimere, aliti di sogni precotti. Tutto il male della banalità, proprio sotto casa e in offerta speciale. Ma a Cecilia piace Mario il magro, elegante e dai silenzi bugiardi. Angelo invece è pensionato, va spesso al Super perché non ha niente di meglio da fare, tranne pedinare un impiegato e la sua borsa nera. Eccola la borsa, accanto a un cadavere nell'angolo più buio del parcheggio sotterraneo. E lì, vicino ad una macchia di sangue che invece era gelato, che ci fa un coltellino d'oro?
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