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Ignoto per la maggior parte, confinato in intenti quasi esclusivamente comunicativi, avaro di sorprese e povero di colori, l’epistolario di Pascoli attende ancora una sistemazione editoriale complessiva. Eppure, a ben vedere, proprio grazie alla sua semplicità, alla sua tendenza alla confessione e allo sfogo, esso offre un filo tenace a chi seguendo l’intreccio dei ricordi, dei sentimenti e delle ossessioni che si trasformano per lenta distillazione in poesia, miri a ricomporre un’immagine dell’uomo e del poeta più sfaccettata ed autentica di quella fatalmente agiografica fermata dalle biografie ufficiali. Si iscrive in un più ampio progetto di recupero e di analisi di questo poco frequentato versante dell’opera pascoliana, e ne rappresenta il primo frutto, la pubblicazione delle lettere che il Pascoli scambiò tra il 1895 e il 1912 con Leopoldo Tosi, affittuario della “Torre” e Sindaco di San Mauro. Un carteggio risolutamente minore, che apre per altro più di uno spiraglio sulla difficile psicologia del poeta, sulla sua vena di ispirazione romagnola e sul rapporto tramato di odio e di amore che lo legò alla terra natale, al perduto “nido di lodola tra il grano”.
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