Indice
Le prime frasi del romanzo:
Sono stato in città a cercare un falegname: un'esperienza inquietante, perché New York è diventata un posto non tanto di morte, quanto di terrore della morte. Numerose case risultano abbandonate, e da quelle popolate promanano i cattivi odori di sostanze utilizzate per proteggere i vivi che ancora vi abitano. Le vie sono silenziose, tranne che per i flebili lamenti di coloro che hanno appena perso qualcuno e per il rumore delle ruote dei malinconici carri funebri che trasportano il loro carico a Potter's Field. In una piazza ne ho visti cinque, posteggiati davanti ad altrettante porte. Qua e là capita di vedere uno dei pochi dottori coraggiosi che restano ad assistere gli ammalati. Si spostano rapidi di casa in casa, con la valigetta nera in una mano e un fazzoletto imbevuto di canfora nell'altra, che si premono sul naso per tener lontano il contagio. I moli sono silenziosi. Nessuna nave oltrepassa lo stretto all'ingresso della baia, adesso: anzi, ho sentito qualcuno affermare che New York è ormai finita come porto, poiché risulta estremamente vulnerabile dalle malattie, essendo una sorta di crocevia del mondo. Vedo uno schifo che si stacca dall'estremità del molo, una vela che si alza: a bordo della scialuppa ci sono tre bambini, due donne, qualche cassa. Si dirigono verso Long Island nella speranza di sfuggire al contagio fra quei campi verdeggianti. Una vana illusione! Dovunque vada l'uomo, la pestilenza lo segue! Perché fuggire? È molto meglio restare al proprio posto e prepararsi alla fine. Questa è la mia linea di condotta. Oggi è il 4 luglio del 1832, sono cinquantacinque anni che è morta mia madre, e non dubito che la seguirò entro la fine della settimana.
Ho passato tutta la mia vita a New York. Ero troppo giovane per comprendere appieno gli eventi che precedettero la Guerra d'Indipendenza, ma rammento ancora un tempo più innocente, allorché Manhattan era un luogo di fattorie e frutteti tranquilli, e si diceva che i viaggiatori sentissero il profumo dell'isola quando la loro nave oltrepassava lo stretto all'imbocco della baia - i nostri fiori selvatici, gli alberi da frutto.
All'estremità meridionale, sorgeva la città: un ordinato insieme di edifici con tetti di tegole variamente colorate, lungo strade scure, selciate e alberate. Tozze navi mercantili provenienti da tutto il mondo attraccavano ai moli; i mercanti arricchivano, e con loro gli addetti alle molte attività collegate. Mio padre era un ebanista, che aveva avuto sempre lavoro negli anni di prosperità, ma si trovò in difficoltà quando il porto venne chiuso. Poco dopo, si arruolò nell'esercito di Washington e andò a nord, per unirsi alle truppe che assediavano i britannici nella Boston occupata.
La nostra casa si trovava nella zona occidentale della città, su Lambert Street, dietro la vecchia Trinity Church - anzi, per me, era proprio all'ombra della Trinity, giacché da ragazzo amavo passeggiare in solitudine fra le lapidi inclinate che in alcuni punti invadevano il nostro giardino posteriore, dove mia madre coltivava le verdure e allevava le galline. Amavo quella casa. Mio padre l'aveva costruita con le proprie mani, e benché adesso sappia che si trattava di una residenza modesta, al ragazzino di allora sembrava una villa. A nord c'erano paludi e vasti campi, con bassi promontori che sembravano sospesi sul fiume e, nelle spiaggette sottostanti, barche per la pesca delle ostriche tirate in secca. Il bestiame pascolava nei prati sopra Warren Street e, d'estate, l'erba cresceva alta fino alla cintola. A sud c'era il porto, e spesso io attraversavo l'isola con mia madre per andare a vedere le grandi navi che attraccavano ai moli dell'East River.
Fin da bambino, la mamma mi aveva insegnato a considerare i britannici come astuti tiranni, il cui unico scopo era quello di umiliare e opprimere il popolo americano. Adesso nei momenti di sentimentalismo notturno, magari, sul fondo di una mescita di South Street, in preda ai fumi dell'alcol, posso ancora pensare alla Rivoluzione come a una lotta in cui la ragione ha trionfato perché il nostro destino lo esigeva: il nostro destino, sì. Ma nella fredda luce dell'alba, quando torno in me, e le illusioni della mente svaniscono come la foschia sul porto, io ricordo una storia ben diversa, e assai più cupa. Perché la Guerra d'Indipendenza fu un periodo caratterizzato dagli orrori, e io rammento quei giorni non con orgoglio, bensì con un persistente senso di vergogna.