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Aprendo le pagine si sente il profumo del caffè. Di quel caffè di cui Maria, madre della piccola Bica (sostantivo portoghese che indica un caffè ristretto), detiene gelosamente la ricetta originale, e che il cuoco del piccolo Schosshotel è ossessivamente e costantemente impegnato a scoprire, per tentativi ed errori. Le vicende di Bica si snodano all'interno e nei dintorni del piccolo, caldo hotel di una città senza nome, tra stanze, personale, clienti e misteri. C'è del non detto tra Maria e Bica e questo non detto influenza l'intero romanzo, dal passato al presente. La città è senza nome perché poco importa la collocazione spaziale dell'esosistema che circonda il microsistema dell'hotel, rifugio e punto di approdo della coppia dopo un continuo fuggire lungo l'Europa. Germania, Francia e Portogallo si mescolano nelle parole, nei pensieri e negli scenari, ma è sempre Lisbona a ricorrere nei ricordi delle due donne. L'inizio del romanzo ha il sapore di un giallo: al mistero centrale, la cocoma, si intrecciano altre situazioni in sospeso, vicende irrisolte del passato o del presente, che incuriosiscono il lettore. D'altra parte, molto della storia è pressoché surreale, eppure così vivida e naturale nella sua mistica ma realistica assurdità. Vero e reale è invece il dolore che in certi passaggi si può toccare con mano, ma mai è tragico; piuttosto, appare sempre supportato da un'alea onirica ed una punta leggermente comica. Anche l'articolazione dei capitoli è insolita, data dall'alternarsi delle vicende attuali con le pagine emotivamente cariche della storia di vita della protagonista, che lei stessa racconta. Ciascun personaggio entra in scena con un biglietto da visita: nome, statura e bevanda preferita. Bica è un un metro e quarantanove di azioni e pensieri buffi, intrisi di una sensibilità unica e senza precedenti. Bica è il nome di una bevanda, un concentrato di aroma intenso, deciso, avvolgente.
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