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Noi pensammo dunque che il miglior mezzo per rompere la nefasta fama che toglie dalla libera circolazione queste opere belle e meritevoli di essere lette da tutti, è il divulgarle, non più sotto il velo del libro clandestino ma nella veste chiara e nobile del libro classico». Così scriveva Alberto Savinio nel presentare la sua magistrale traduzione delle Dame galanti. E di fatto, a distanza di quattro secoli, Brantôme è finalmente passato, insieme al suo contemporaneo Tallemant des Réaux, dallo scaffale appartato dei classici galanti e osceni a quello dei classici tout court. Monumentale raccolta di aneddoti licenziosi, Le dame galanti è intriso in ogni sua riga di una ferina arguzia, quella che dominava allora alla corte di Francia. L’alterigia aristocratica e la sordidezza si mescolano qui assai spesso, e fra la beffa e la vanteria erotica si intrecciano storie brevi ed esilaranti. Nell’accumulare centinaia di episodi libertini, Brantôme sembra animato dallo scrupolo dell’enciclopedista, che vuol raccogliere ogni possibile variante della furia amorosa. Così, alla fine, questo guascone pettegolo e caustico riesce a creare un suo epos della profanità, dove una folla di dame insolenti nella lussuria fa corona a un immenso letto. La traduzione di Alberto Savinio, che fu da lui compiuta nel 1937 per l’editore Formiggini, viene qui ripresentata come esempio forse unico di restituzione nella nostra lingua, in tutta la sua sapidità, di un classico così peculiare. Un folto apparato di note, dovuto a Pascal Pia, permetterà di seguire nella loro realtà storica le vicende dei numerosi personaggi che appaiono e scompaiono sulla scena approntata da Brantôme.
La prima edizione delle Dame galanti apparve nel 1665.
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