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Acclamato come poeta e maestro d’amore, Ovidio volle cimentarsi con il più prestigioso tra i generi letterari: il poema epico. Nei Fasti raccolse e raccontò episodi storici e leggende che spiegassero le origini di feste e tradizioni legati alle singole ricorrenze del calendario romano e insieme le cause del carattere fasto o nefasto di ciascun giorno. “Fasti” erano infatti chiamati i giorni nei quali era consentito amministrare la giustizia, “nefasti” quelli nei quali si celebravano le cerimonie religiose. Ma il carattere serio e accigliato del poema epico tradizionale non era, come spiega Luca Canali nell’introduzione, nelle corde di Ovidio, e i Fasti, interrotti al sesto libro a causa dell’esilio comminatogli da Augusto, si rivelano piuttosto come un ammaliante susseguirsi di favole salaci e divertenti, un puro e gioioso divertimento dei sensi e della fantasia.
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