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L’utopia è ricca di una letteratura vasta e smisurata che disvela una sola preoccupazione: inventare un mondo nuovo, migliore di quanto non sia quello vicino a chi scrive. Essa compone un solo tema : si può opinare che tutte le utopie del passato e del presente e del divenire siano frammenti della stessa idea, sempre seguita da innumerevoli autori; ma ugualmente si potrà dire che questa unità sia opera di una sola persona: un solo autore che ha redatto tutti i libri dell’utopia. I modi del racconto utopico si ripetono, tanto da darci spesso la sensazione di avere udito già queste o quelle parole o di aver trovato altre volte uguale pensiero. L’utopia rimane uguale a se stessa, ma nel corso della storia universale muterà infinite volte la sua forma poetica. Il modello, l’archetipo, è uno, ma la sua immagine è mobile e si moltiplica nell’eternità di un processo enumerativo che si ripete senza fine. Se per intuizione retrocedessimo nel tempo di una Eternità Anteriore ad ogni opera, potremmo trovare il testo che la precede e a questo un altro ancora; in ciascuno qualcosa ci sarà di nuovo e di mutato e qualcos’altro riaffiorerà di quanto già conosciamo e abbiamo letto. Ciclicamente pare così enunciarsi la dottrina di un eterno ritorno: «In un tempo infinito, il numero delle permutazioni possibili non può non essere raggiunto, e l’universo deve per forza ripetersi. Di nuovo nascerai da un ventre, di nuovo crescerà il tuo scheletro, di nuovo arriverà questa pagina nelle tue mani uguali (Borges).»
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