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Anno edizione: 2014
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Nel mio approfondimento delle opere di Ricardo Piglia che non avevo ancora letto, dopo l'ottima raccolta di racconti "L'invasione", ecco "La città assente". Un romanzo impegnativo che richiede una conoscenza della letteratura latino americana piuttosto approfondita; mi rendo conto delle mie lacune (non conosco Macedonio Fernàndez cui il romanzo fa spesso riferimento). Ma la preziosa prefazione di Tommaso Pincio e la postfazione dell'autore consentono di comprendere il quadro di riferimento ed ho fatto mio il prezioso suggerimento che conclude il contributo di Pincio: " A questo punto il lettore avrà certamente compreso che il quarto dei modi essenziali di leggere il vorticoso capolavoro di Ricardo Piglia è appunto lasciare che, una volta tanto, SIA IL LIBRO A LEGGERE NOI LETTORI.". Ed allora ecco che le difficoltà scompaiono e che il libro ci conquista, ci avvolge e travolge in una dimensione ondivaga tra tempo, spazio e generi letterari. Ho trovato riferimenti alle mie letture degli amati Borges e Calvino, ho pensato all'Argentina e ai suoi grandi narratori, mi sono deliziato per l'ironia e la sagacia nello sberleffo ai potenti . Non è possibile rendere conto della trama: basti dire il giornalista Junior è incaricato di approfondire l'esistenza e il ruolo di una macchina, all'interno di un museo, che riproduce storie, basandosi sulla rielaborazione di quelle precedentemente assimilate. E quindi il romanzo procede con storie nelle storie, con la metafora borgesiana dello sequenza di un fatto ripetuta all'infinito in un gioco di specchi, con invenzioni geniali, con storie d'amore e di nostalgia. In questo abbandono si ritrova una dimensione in cui la letteratura assume un significato salvifico della mente.
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