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Nicola Dante Ungaro e l'elevazione della croce sull'isolotto di San Clemente sul lago di Lesina - Salvatore Primiano Cavallo - copertina
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Nicola Dante Ungaro e l'elevazione della croce sull'isolotto di San Clemente sul lago di Lesina
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Nicola Dante Ungaro e l'elevazione della croce sull'isolotto di San Clemente sul lago di Lesina - Salvatore Primiano Cavallo - copertina
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2017
1 gennaio 2017
156 p., Brossura
9788897874126

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 4/5

Grazie alla pubblicazione di Salvatore Primiano Cavallo veniamo a conoscere un personaggio che ha inciso profondamente sull’immaginario che i forestieri hanno di Lesina: la Croce di San Clemente al centro del suo lago. Fu infatti Nicola Ungaro a volerla nel lontano 1934 e da allora ogni turista che si rispetti ha voluto fare una gita in barca per visitarla. Oggi, poi, con il bel pontile che la collega, sempre più visitatori si recano a vederla. Nicola Dante Ungano, nativo di Serracapriola, ventenne si trasferì con la famiglia a Lesina, dove nel 1903 si sposa e apre un’attività commerciale. Era anche un terziario francescano e questo lo portò a frequentare intensamente la chiesa parrocchiale, di cui divenne organista, e priore della Confraternita del Rosario e di San Primiano attiva a Lesina già dalla fine del XVII secolo, divenendone presto priore. In questa veste si distinse nell’elargire diversi maritaggi (doti) alle ragazze meno abbienti di Lesina. Era pure un “terapeuta” e prestava gratuitamente la sua opera a quanti si rivolgevano a lui in un’epoca in cui erano pochi quelli che potevano permettersi il lusso delle cure mediche, quando ancora non c’era la mutua! A lui, infine, in qualità di priore, si deve l’attuale campana maggiore del campanile a vela della chiesa di San Primiano, ‘a ch?jsiól? (la chiesetta), sede della Confraternita. Autore nel 1930 della raccolta Fascio di Fiorellini di Cristiana Pietà, che dovette ripubblicare nel 1944 per l’esaurimento della prima edizione, nel 1934, a conclusione dell’Anno Santo straordinario indetto il 6 gennaio 1933 da Pio XI per il diciannovesimo centenario della morte e redenzione di Cristo, si fece promotore di un Comitato cittadino per l’innalzamento delle Croce sull’isolotto di S. Clemente, in ricordo della presenza di una cella monastica d’età medievale scomparsa da secoli. Ho avuto modo di trattare di questo antichissimo monastero in diverse mie pubblicazioni, tra cui Le celle monastiche di S. Clemente nella laguna di Lesina e di S. Andrea nel Bosco Isola, e I conti normanni di Lesina e Civitate, ai quali rimando per approfondimenti. Voglio qui ricordare che in epoca romana l’isolotto era alquanto grande, potendo ospitare una fattoria per la lavorazione del pesce e la coltivazione dei terreni circostanti. Ancora alla fine del XVII secolo, quando il Pacichelli lo vide di persona, l’isolotto emergeva con il monastero e altri caseggiati ancora visibili. Poi il bradisismo lo inghiottì sempre più, tanta che all’epoca del Centonza emergeva in parte solo nei mesi estivi. Sui resti della fattoria romana, tra il IX e il X secolo, si insediarono i monaci di San Clemente da Casauria, erigendo una loro cella, che sarà poi confermata dall’imperatore Ottone I il Grande. Abbandonata nell’XI secolo, quando con l’avvento dei normanni anche la Casa madre abruzzese andò in rovina, fu ricostruita dall’abate casauriense Leonate, che riportò all’antico splendore la sua abbazia, facendosi promotore del recupero dei beni perduti, cosa che permise poi la costruzione della splendida abbazia di San Clemente che oggi possiamo ammirare nel territorio di Castiglione a Casauria, nelle vicinanze dell’uscita autostradale di Torre dei Passeri. Nei secoli successivi, però, il monachesimo benedettino andò in crisi e la cella di Lesina fu abbandonata, fino a quando scomparve a causa del bradisismo. Come giustamente rileva Salvatore Primiano Cavallo, l’iniziativa di Ungaro e del Comitato promotore che presiedeva, oltre al perenne ricordo di quell’Anno Santo straordinario, intese ringraziare il Signore per la quasi risoluzione dei diritti di pesca dei lesinesi nel proprio lago (dico “quasi risoluzione” perché quella definitiva avverrà solo nel 1944 con gli americani; a tal proposito si veda Il campo di volo degli Americani nel territorio di Lesina: marzo 1944-ottobre 1945, dello stesso Cavallo) e per la realizzazione dei lavori di bonifica così a lungo reclamati da quel difensore civico dei lesinesi che fu il Centonza (avviati nel 1926 dalla ditta Cidonio - per la quale lavorò anche Giuseppe Di Perna, mio nonno - e terminati nel 1937), tanto importanti per eliminare principalmente e definitivamente il problema delle acque stagnanti del lago che favorivano la crescita delle famigerate zanzare anofele, responsabili di quella malaria che tante vittime aveva mietuto e che dava ai nostri avi il triste soprannome di Tr?pput? (a causa della epato-splenomegalia che gonfiava loro la pancia); la stessa iniziativa dell’Ungaro e del Comitato riportava “in vita” nella memoria dei lesinesi quell’antichissimo insediamento monastico che tanti secoli condivise con i nostri antenati. Salvatore Cavallo ricostruisce molto bene quel giovedì 17 maggio 1934, giorno successivo alla festa di san Primiano, quando il vescovo di San Severo Oronzo Luciano Durante, accompagnato dal suo segretario Felice Canelli, dal parroco di Lesina Ferdinando De Maso e dal viceparroco Cosimo Andretta (dei quali fornisce ampie notizie), fu portato in barca su quella che da allora si chiamerà la Croce di San Clemente per la benedizione e l’inaugurazione della stessa. Una lunga processione di sann?r? (sandali, le barche lagunari tradizionali) che, pieni di pescatori con le loro famiglie, seguiva il sandalo sul quale era il presule. Molti di più guardavano dalla vicina riva. Fu un giorno davvero memorabile per Lesina. Da allora farsi un giro a San Clemente divenne quasi un obbligo per i molti visitatori e cacciatori (per cui Lesina era famosa in tutta Italia e lo è ancora) che si recavano nella nostra cittadina. Serbo ancora il ricordo di quel luminoso giorno dell’estate del 1961 (avevo cinque anni), quando insieme a mia madre Maria Vincenza (mio padre Leonardo, come tanti lesinesi, era emigrante in Germania), mia zia Iside di Apricena e mio zio Primiano di Lesina, allora ragazzo, ci recammo a San Clemente con una barca “presa a prestito”. Una volta arrivati fummo accolti dalla Croce, che riluceva al sole. Subito dopo, però, avvistammo sulla riva un uomo che sembrava aspettarci. «U padrón?» disse mia zia preoccupata. Con timore ritornammo a riva. Era mio nonno Michele che ci aspettava. Come è suo solito, l’Autore correda il suo scritto con una ricca e interessante iconografia, tra cui un ritratto del 1912 della famiglia Ungaro. Molto interessante è poi l’Appendice dedicata all’umanità e spiritualità di Nicola Ungaro di Antonio Lombardi, altro cultore di Storia Moderna e Contemporanea di Lesina del nostro Centro Studi, che inizia il suo saggio mostrando la casa dell’Ungaro nel Centro Storico, ormai parzialmente abbandonata, che reca scolpito nella chiave di volta del portone d’ingresso lo stemma dei francescani: due braccia, una di Cristo e l’altra di san Francesco, incrociate sotto la Croce, e sopra la scritta Pax et bonum. Il Lombardi fornisce poi diverse notizie sulla spiritualità di Nicola Ungaro, con una sua foto degli anni Cinquanta che lo ritrae ormai vecchio. Davvero un buon lavoro, del quale ogni lesinese dovrebbe averne una copia.

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