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Anno edizione: 1990
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È solo nel giorno del giudizio che le anime delle persone si presentano così come sono, senza maschere o infingimenti. Ed è in una sorta di giudizio finale che Satta descrive l'umanità che popola la provincia nuorese, in un'atmosfera rarefatta e crepuscolare, presentandoci personaggi in una specie di fermo immagine: "ognuno di noi, anche se si limita a guardare in se stesso, si vede nella fissità di un ritratto, non nella successione dell'esistenza". Ecco allora sfilarci davanti tante esistenze, come Don Sebastiano Sanna Carboni, notaio e dunque testimone delle vicende patrimoniali dei suoi concittadini, sempre più ritirato in mezzo ai tomi rilegati degli atti dello studio, rimasto estraneo alla famiglia a cui aveva dato tutto se stesso ("dalla famiglia egli aveva preteso una cosa sola: che non lo disturbassero nella sua opera, e ciascuno quindi facesse il suo dovere, come egli l'aveva fatto"). E Donna Vincenza, la moglie di lui, sempre più sola in quella casa che diventerà la sua prigione, "inchiodata dall'artrite nel seggiolone sotto la pergola". E poi ancora i figli della coppia, e tutta quella congerie di figure, spensierate o disperate, astute o fataliste, raccolte attorno al tavolino del tresette al caffè Tettamanzi. Insomma un romanzo che è l'affresco di un'epoca, la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, in cui l'autore si pone come testimone per raccontare e sottrarre se stesso e gli altri all'oblio, come in un giudizio finale. Voto 4,5.
Leggere satta vuol dire cambiare secolo e tornare in una società che non esiste. L'atmosfera è cupa di una Nuoro più paese che città. La definizione di questo romanzo può essere tranquillamente la versione italiana di "Antologia di Spoon River", i suoi personaggi, i loro vizi, le loro vite e il rapporto con la religione. Un vero capolavoro da leggere con calma, malinconia e particolare attenzione e da consigliare ad amici e parenti.
un capolavoro della letteratura italiana, non ancora conosciuto come meriterebbe. un libro imperdibile
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