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Profezie nel letto bastardo. Enomis - Simone Carunchio - copertina
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Profezie nel letto bastardo. Enomis
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Profezie nel letto bastardo. Enomis - Simone Carunchio - copertina
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Descrizione


Notte. Nel letto bastardo, nel letto a una piazza e mezzo, l'autore (Enomis, poeta dilettante in senso baudelairiano e saviniano, delirante, amante dei versi più che del verso, alla ricerca del gesto perfetto, insomma: sperimentarista) scopre, con tutti i suoi sensi acuiti a causa dell'insonnia assetata, l'alchimia della scrittura. Quest'esperienza lo porta a pensare il presente (e all'impossibilità di renderlo, nella sua completezza, con la scrittura) e a ricordare allegoricamente il suo innumerevole passato e nello stesso momento lo proietta verso il futuro, sospingendolo verso arcane profezie, sul destino dell'umano in chiave esistenziale e istituzionale e religiosa, passando attraverso riflessioni ipnagogiche da dormiveglia. "Ecco la bianca notte che avanza". Simone Carunchio cura i testi di Enomis e lo rappresenta.
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Dettagli

2016
2 novembre 2016
44 p., Brossura
9788891051059

Valutazioni e recensioni

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Glora Gravina, professoressa di letteratura così si è espressa dopo la lettura della raccolta: Mi ha piacevolmente intrigata l'idea della "doppia finzione" al quadrato, per così dire, e chiarisco il concetto: - "Il poeta è un fingitore", di pessoiana memoria, e - la finzione del ritrovamento delle poesie nella cassa; la cassa, come in una scatola cinese, a sua volta conduce a un doppio riferimento: - uno che è quello dell'enorme produzione eteronima di Pessoa (sconosciuto ai più), rinvenuta appunto in una cassa - l'altro che è soprattutto un espediente letterario, forse "l'espediente letterario" per eccellenza, che dalla letteratura picaresca, squisitamente cinquecentesca, a Manzoni (se vogliamo citare una star nazionale), è sempre spuntato fuori come effetto speciale. A questo punto, senza riassumere il concetto testé espresso, dovrei semplicemente dire: "In questa cornice" ....e poi proseguire con la considerazione successiva, ma qui -è evidente- il termine "cornice", e l'immagine che immediatamente sortisce, è una scelta infelice: assolutamente improprio, estremamente costrittivo, oserei dire, quasi insopportabilmente limitante, definitivamente riduttivo, visto che di finzione si parla e quindi di potenza immaginativa che -per sua essenza e natura- confini non dovrebbe avere .............comunque, vado avanti con la seconda considerazione. Il gioco nel gioco -che pure è un altro modo per esprimere il summenzionato concetto- si ritrova anche nell'apparente compiacimento per la rima dell'autore/poeta/fingitore che, pur non parendo impegnato nella "ricerca" della stessa, sembra farsela distrattamente capitare e casualmente cadere dalla penna sul foglio; e anche la rima, presente di quando in quando, quasi come occasione ludica, non è mai comunque banale, soprattutto laddove ricorrentemente è giocata "under ground": stuzzicanti e solleticanti le assonanze esterne e interne, lungo la montante catena dei versi, che sapore e colore possono suggerire anche al lettore meno avvezzo alla poesia e che più raramente in essa s'imbatte. Tale dimensione ludica offre inoltre al poeta occasione per essere a tratti dissacrante, non tanto palesemente nei contenuti (nei quali pure a volte così egli si manifesta), quanto nella forma/nelle forme che in qualche maniera si fanno esse stesse contenuti. Interessante, trattando di poesia, la dimensione narrativa prepotentemente saliente (ma mi spingerei senz'altro anche sino all'aggettivo "montante"): la ricerca lessicale sembra segni proprio il momento in cui la finzione è immaginazione che si fa evocazione di spazi e tempi, immagini e suggestioni che, pur vivendo in una forma di poesia, l'autore muove -se non addirittura "agita"- in una dimensione comunque narrativa, che non esclude tout court il piacere del racconto.

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