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Che cosa rappresentava fino a ieri, in sintesi estrema, «il Veneto» per i non veneti? Ciascuna identità collettiva è tale anche perché può essere concentrata in stereotipi, e nel mercato delle immagini le piú consunte dall’uso non valgono necessariamente meno di altre dal tratto raffinato. Ebbene, fino ai bozzetti della pubblicità televisiva e della commedia cinematografica l’immagine del Veneto era fra le piu tradizionalmente contratte: in un paesaggio ad elevato tenore alcolico vi si avvicendavano parroci e alpini, pazienza laboriosa e amabilità goldoniana, moderazione politica e familismo rurale. Venezia, per comune ammissione, faceva parte a sé, rientrava in un ordine di convenzioni fra il turistico, il dogale, il funerario e il sottilmente lussurioso. […] Pur nelle necessarie coerenze della «scena», in questo volume il lettore non troverà né una storia d’Italia nel Veneto (che cosa vi è accaduto nel 1898 o nel 1948…) né una storia del Veneto in Italia (quali personaggi affollavano le banche o le curie…) Vi troverà nella prima parte una serie di contributi di storia dell’industria, del «sentire» proprietario, dell’emigrazione, delle istituzioni culturali, della stratifìcazione sociale e della vita quotidiana, nella seconda alcuni indispensabili interventi di raccordo narrativo impostati problematicamente. Dei criteri adottati di volta in volta rendono conto gli autori. Qui basti dire che il curatore, per le responsabilità che gli competono, ha deliberatamente scelto di collocare sullo sfondo temi e materie già trattati dalla storiografia in maniera piú che soddisfacente (il movimento cattolico, per esempio, o l’economia agraria) a vantaggio di terreni di ricerca meno arati e usuali; e che ha cercato nei limiti del possibile di favorire l’intersezione di tecniche e metodi tenuti spesso lontani dalle gelosie disciplinari. Dalla Premessa di Silvio Lanaro
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