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Se mi guardo da fuori è un romanzo atipico, strano, particolarissimo. La narrazione si concentra sulle emozioni e sulle esperienze della protagonista, che vengono raccontate al lettore sotto un velo spesso di malinconia, di solitudine, ma anche di forte attaccamento alla bellezza. Perché Serena è così, non riesce proprio a smetterla di osservare, di analizzare di smontare la realtà in piccoli dettagli; e li racconta tutti, in ogni minuzioso dettaglio. Mentre si racconta, dà l’impressione di farlo come uno spettatore esterno, come un osservatore critico e implacabile, come se non si riconoscesse, guardandosi da fuori. Le descrizioni sono quasi il protagonista del romanzo, si perdono in pagine e pagine, incantano il lettore, lo stordiscono, quasi. A volte lo annoiano, altre lo lasciano senza fiato. Molto belle, invece, le riflessioni della protagonista sulla solitudine e sul senso di appartenenza. Nelle sue emozioni, qualsiasi lettore ci si può ritrovare, crogiolandosi nella malinconia, commuovendosi nel riconoscersi in tante frasi, com’è successo a me. Se mi guardo da fuori non è un romanzo per tutti e non è un romanzo leggero, è un romanzo che scava nelle profondità dell’animo, nella solitudine dell’essere umano, un coltello che preme nella carne più fragile. Io l’ho trovato bellissimo nella sua complessità. Lo consiglio agli animi sensibili, fragili, e a tutti quelli che hanno bisogno di un abbraccio.
esmeraldaviaggielibri.it/se-mi-guardo-da-fuori-di-teresa-righetti/ Quando ho iniziato questo libro, dopo appena poche pagine, ero già pronta a bocciarlo e bollarlo in maniera negativa. Il motivo è presto detto: i soliti luoghi comuni, per i quali nutro un odio quasi viscerale, mi avevano indotta a pensare che l’autrice mi volesse proporre la ripetitiva solfa già letta e riletta fatta di giovani infelici senza motivo che passano il loro tempo a bere e fumare e che non sanno cosa vogliono dalla vita per finire poi con l’uomo perfetto che viene a salvare la nostra eroina. Ero già rassegnata a portare avanti la lettura con difficoltà e un perenne sopracciglio alzato. E invece no. Assolutamente no. Teresa Righetti, qui al suo esordio letterario, è stata doppiamente brava: prima di tutto perché non è facile far cambiare idea a qualcuno e a me l’ha fatta cambiare completamente, in secondo luogo perché alla fine con quella sua penna traditrice è riuscita a trattare dei temi che mi hanno fortemente toccata e che mi hanno spinta, impensabile a dirsi, a nutrire una forte simpatia e addirittura in alcuni momenti a identificarmi con la protagonista. La protagonista, Serena, è una ragazza come tante: a un passo dalla laurea ma con le idee più confuse che mai su quello che vuole, sulla persona che vuole essere e sul modo in cui vuole diventarlo. Per questo, invece di cercarsi un lavoro, decide di prendere tempo e lavorare al Chiosco come cameriera servendo cocktail dai nomi improponibili ai figli di una Milano perbene che hanno troppi soldi da spendere in locali e alcool. Serena non riesce a vedersi e quel poco che vede di lei non le piace. Non ha la minima idea di quanto sia forte e quanto sia splendida, non si rende neanche lontanamente conto di come gli altri, invece, la osservino con attenzione. Eppure dentro di lei c’è un malessere, il cosiddetto mostro, che non le fa ammirare le meraviglie di cui è capace né quello che ha intorno. Serena comincia a lavorare al Chiosco, quindi, come una ragazza timida e spaesata, che crede di essere invisibile agli occhi del resto del mondo. “Chissà cosa direbbe di me questo tipo, per esempio del fatto che ho scritto la tesi in due mesi giusto per non laurearmi fuori corso e non ho la minima idea di cosa mi piacerebbe fare dopo, e invece di pensare se ho voglia di studiare altri due anni o scrivere un curriculum e cercare di costruirmi un lavoro ho iniziato a fare la cameriera in un Chiosco qualsiasi.” In poco tempo il suo carattere cambierà completamente e il merito, forse, è anche un po’ di Leonardo, l’uomo dai modi di fare perfetti che la nota, lei tra tutte. Tra i due comincia una storia d’amore che farebbe bene a leggere buona parte della popolazione femminile mondiale per far capire a tutte come quando non siamo capaci di amare e stimare noi stesse non potremo mai essere amate e stimate a nostra volta. Leonardo si scopre ben presto non all’altezza di Serena, un uomo incapace di dire la cosa giusta, anzi, con un vero e proprio talento nel dire la cosa sbagliata al momento sbagliato e con una violenza latente che fa paura. Leonardo è il figlio di papà che non sa quello che vuole e che sembra disposto a gettare via la sua vita pur di non capirlo. “Mi sentivo così sola insieme a lui che mi faceva male lo stomaco.” La crescita di Serena nell’arco di tempo in cui la seguiamo sarà così completa che prenderà anche la decisione di andare a vivere da sola, abbandonando il porto sicuro della casa di mamma e papà. Ed è proprio nel descrivere questo momento che l’autrice ha toccato alcuni tasti delicati del mio inconscio: la descrizione di quel ritrovarsi da sola in una casa tua, quel misto di paura ed eccitazione, quel silenzio che ti terrorizza e allo stesso tempo ti consola. Chi ha affrontato questa esperienza non può che restare lì incantato a leggere quelle pagine di quel letto disfatto solo per metà… Devo complimentarmi con te, giovane Teresa Righetti, non so molto di te e della tua storia, sul sito della casa editrice leggo solo che hai una discreta esperienza come cameriera, ma devi avere una sensibilità fuori dal comune e se fossimo nella stessa città mi piacerebbe venire a spiarti mentre lavori per vedere quanto di te c’è nella splendida Serena che, devo essere sincera, già mi manca un po’.
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