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Questo è il secondo libro che leggo di Valentina Belgrado, dopo Eloheinu. Lo stile dell'autrice si conferma di alto livello, con un'enorme padronanza nella lingua fin nelle sue profondità. Questo può forse risultare ostico per qualche lettore, ricercato, ma devo dire che l'ho sinceramente apprezzato e lo trovo un modo di scrivere che si distingue facilmente. Dunque, Valentina ha trovato una propria "voce" e questo è fondamentale, per uno scrittore. Personalmente ho notato un buon passo in avanti rispetto alla sua opera precedente; soprattutto ho apprezzato la maestria con la quale Valentina ha descritto quella che è la situazione della protagonista, il suo disturbo mentale, che risulta ignoto al lettore fino a quando Valentina non lo conduce per mano verso la rivelazione della sua natura; una scoperta che ci fa vedere sotto un'altra luce tutto quello che abbiamo letto fino a quel momento. Questo è sicuramente l'aspetto che ho apprezzato di più del romanzo, che secondo me è costruito in maniera egregia, con un cerchio che si chiude perfettamente. "Il gioco interrotto" racconta la storia di Rachele, una donna che non esce da casa sua da ben dodici anni, sola con i suoi libri. Sprofondata in quello che sembra essere uno stato di depressione, le sue abitudini sono piuttosto inusuali e lasciano intendere al lettore che qualcosa non va, nella psiche della protagonista. La prima parte del romanzo si concentra sulla descrizione che Rachele fa di sé stessa, della sua vita; di una casa che sembra mantenere un ordine senza richiedere sforzi. Il resto del libro si alterna tra la visione della sua vita da parte di Rachele e quella esterna delle persone a lei care, ormai uscite dalla sua vita senza poterci far nulla, senza essere in grado di tirar fuori Rachele dal suo isolamento. Un libro breve, che si finisce in niente e che vale la pena leggere. Consigliato. "Del resto, alcuni recenti rimedi contro le cefalee, applicati da fior di cliniche universitarie stimate pilastri della neurologia moderna, si incentravano per l'appunto sull'utilizzo di certi tipi di frequenze 'distraenti'. E cosa poteva esserci di più distraente di una sana e assorta attenzione?"
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