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Anno edizione: 2013
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L'amicizia tra un orfano (di madre) bianco ed uno schiavo nero nell'America che precede la guerra di Secessione accumunati dallo spirito di avventura e dall'insaziabile voglia di libertà.
Romanzo splendido
“Sono andato, sono ancora qui, Huckleberry Finn” cantavano i Baustelle in San Francesco (I Mistici dell’Occidente, 2010). La fortuna di questo scaltro orfano di madre (ma con padre ubriacone e manesco) è tale da avere ispirato canzoni (anche Nick Cave), musical (addirittura a firma di Stephen Sommers), cartoni animati (gli instancabili Hanna-Barbera) e diversi film (uno dei quali con Buster Keaton nella parte del domatore di leoni). Eppure la fortuna di Huckleberry Finn è derivata da quella di un romanzo ancora precedente e dal titolo simile: Le avventure di Tom Sawyer, il primo romanzo per ragazzi dell’Universo Condiviso Tom Sawyer. Prima della Marvel e della DC, ci aveva già pensato Samuel Langhorn Clemens al secolo Mark Twain (pseudonimo proveniente dal gergo fluviale per segnalare la profondità marina di “due segni“). Huckleberry Finn compare per la prima volta in questo romanzo del 1876, ed è chiamato Huck dagli amici, proprio come lo è l’altrettanto scapestrato Tom Sawyer. Huck avrà il suo romanzo nel 1884, al quale faranno ancora seguito i meno conosciuti Tom Sawyer Detective e Tom Sawyer Abroad. Così, se le furbesche peripezie di Tom Sawyer erano raccontate da Mark Twain, ne Le avventure di Huckleberry Finn il giovanissimo protagonista ruba la penna allo scrittore e conduce il gioco. La trama è ambientata nei primi anni dell’800 in una immaginaria cittadina del Missouri chiamata St. Petersburg. La storia parte qualche tempo dopo la conclusione del primo romanzo: grazie al tesoro ritrovato nel finale da Huck insieme a Tom, in questo epilogo apprendiamo che Huck non è più orfano. I soldi sono in banca, e a prendersi cura di lui ci sono l’amorevole vedova Douglas e il paterno giudice Thatcher. Solo che Huck non è fatto per le buone maniere, ci si mettano anche i severi modi dell’arcigna Miss Watson (sorella zitella della vedova Douglas), perciò tenta di evadere da questi forzati sistemi di civilizzazione nei suoi confronti. La prima fuga è compromessa dall’iniziativa del suo compagno d’avventura Tom Sawyer, ora a capo di una gang di bambini, il quale lo fa presto rientrare nei ranghi delle convenzioni sociali (sotto il tetto della vedova). La seconda fuga di Huck si rivela un successo, ma non scappa dalla vedova, bensì dal suo (alcolizzato) padre naturale. Pur di ottenere la custodia del figlio e quindi i soldi in banca, il razzista e violento Pap Fin rapisce Huck e lo ingabbia in una baita fra i boschi del Mississippi. Huck inscena la propria morte e trova un nuovo compagno di scorribande nell’ennesimo fuggiasco: il simpatico schiavo negro Jim. Lui è fuggito da Miss Watson e ora è ingiustamente accusato dell’omicidio di Huckleberry Finn. Questi si rimorde la coscienza a trattare Jim come fosse un bianco, ma verso la fine appurerà come nonostante il colore della pelle egli sia “bianco dentro“. La caratterizzazione che Mark Twain fa del buon negro è in effetti molto stereotipata, anche se gli illuminati spiragli di morale nella razionalità sudista di Huck fanno intravedere come anche lo scrittore si sia rimorso la coscienza. Viene difficile rivedere oggi in questo novello Venerdì (ammaliato e terrorizzato da rituali, magia e streghe) un antenato della famiglia Lyon di Empire: la serie tv che più di tutte incarna la contemporanea rivalsa black. A essere sinceri, però, il vero buon selvaggio è stavolta il novello Robinson Crusoe. Huck e Jim hanno un piano: risalire di notte il fiume sino agli Stati dove la schiavitù sta per essere abolita in modo tale che Jim possa realizzare il suo sogno di diventare un uomo libero. Dall’Illinois al Kentucky, la piratesca avventura della coppia procede attraverso la nebbia e lo speronamento di battelli, compresa l’avventura sulla zattera che nella prima pubblicazione l’editore volle tagliare perché il volume non superasse in lunghezza quello già dedicato a Tom Sawyer.
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