"Nell'Italia del Settecento la cantata da camera è di gran lunga il genere vocale più diffuso e praticato. Dagli inizi e dai successivi sviluppi nel corso del Seicento, la cantata assume intorno al 1700, nell'epoca della riforma arcadica, tratti ben codificati: una composizione per voce sola e accompagnamento strumentale (anche se non mancano esempi per due o più voci), costituita da una sequenza di movimenti indipendenti. I testi, per lo più di autori ignoti e di infima qualità letteraria, offrono uno scenario molto convenzionale: in un immaginario mondo dell'Arcadia vivono pastori in preda ai tormenti d'amore e ninfe crudeli e incostanti (o viceversa). Talvolta sono invece protagoniste eroine della storia, della mitologia e della letteratura come Arianna, Dafne, Andromaca, Armida, Agrippina e Lucrezia. I testi alternano versi sciolti (recitativi) e strofe di versi rimati (arie) così da delineare strutture comprendenti di solito due arie, secondo gli schemi Recitativo - Aria - Recitativo - Aria (R - A - R - A) oppure Aria - Recitativo - Aria (A - R - A), sebbene siano comuni anche architetture espanse con più di due arie (R - A - R - A - R - A oppure A - R - A - R - A). In ogni caso il movimento conclusivo è un'aria giacché dopo il 1700 è sempre più raro l'uso, piuttosto frequente nel Seicento, di terminare una cantata con un recitativo o un arioso. Il testo è spesso un monologo, ma talvolta il cantante agisce da narratore. L'accompagnamento alla voce, normalmente limitato al basso continuo, può anche essere esteso nei lavori maggiormente ambiziosi a più strumenti. Come nell'opera, le arie sono nella forma musicale con il Da Capo (ABA)". - Cesare Fertonani
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