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Un disco veramente pieno di energia. Bombino è un chitarrista eccellente, che ricorda il grande Jimi Hendrix. Il disco rappresenta un riuscitissimo tentativo di mescolare al rock anni 70 ed al funky , i ritmi e le sonorità della West Coast africana, dal Mali di Ali Farka Tourè al Senegal di Habib Koitè, al deserto degli indimenticabili Tinariwen. Un album meraviglioso, da ascoltare, ma soprattutto da ballare: infatti non potrete rimanere fermi di fronte all'energia che questo lavoro sprigiona
A volte meraviglia la capacità della cosiddetta "globalizzazione" di unire e mischiare non solo merci, ma per fortuna anche popoli e culture. Così ci troviamo di fronte, dopo i maliani Tinariwen, Terakaft, Tartit, Tamikrest, ad un nuovo "Jimi Hendrix del Sahara", Oumar al Moctar, in arte Bombino (sì, è proprio la storpiatura del nostro "bambino", visto che pare si trattasse di un enfant prodige con la chitarra). Solo che stavolta il nostro eroe è nativo del Niger, anche se ha vissuto anni in Algeria prima e in Burkina Faso poi per sfuggire alla guerriglia touareg degli anni 80 e 90. Questo è il suo secondo disco "occidentale" dopo l'esordio di "Agadez" nel 2011 e il passo avanti è evidente: un rock teso ma sincopato, quasi funky, sempre pieno dei ritmi "cammellati" della musica touareg, ma veloce e imprevedibile, grazie soprattutto alla grande capacità improvvisativa di Bombino sulla sua Fender. Stavolta l'accostamento hendrixiano non è del tutto peregrino! Ovviamente incomprensibili i testi cantati in lingua Tamashek, ma il libretto del cd riporta sintetiche e utili traduzioni.
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