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Alla sua terza prova cantautorale la Signora Malanima mantiene le promesse fatte coi precedenti “Dove sei sei” e “L’amore è fortissimo e il corpo no”. Va addirittura oltre, scegliendo come produttore artistico John Parish. E il risultato si sente eccome! Si astengano i vecchi fans: la sedicenne che cantava del cuore che era uno zingaro non potrebbe essere più lontana. Qui la sua voce sporca di sigaro canta ancora di un cuore ferito, ma… che rimbalza sul pavimento, dove un topo lo morde per poi sbatterlo contro le porte (“E ti aspettavo”). Fatta eccezione per la leggerezza pop del singolo “Senza un perché”, le melodie tipiche della tradizione nostrana lasciano spazio a cantilene rock, irrobustite dai migliori musicisti dell’indie italiano: Lorenzo Corti, Cesare Basile e Marcello Caudullo alle chitarre, Marcello Sorge alla batteria e l’ex Scisma Giorgia Poli al basso. L’illustro ospite Howe Gelb le regala la traccia che chiude il disco (“Classico”), cantandone insieme a lei il ritornello. E dopo alcuni secondi silenzio una drammatica traccia fantasma ci sconvolge con tutta la sua violenza. Si tratta de “Le mie madri” (già presente, col titolo di “Rosario” nella raccolta di poesie che la cantante ha pubblicato per Fazi): su un tappeto sonoro a metà tra il blues e il ritmo tribale Nada esclama con tutto il pathos di cui è capace una sofferta richiesta d’amore materno, sfiorando delle urla la cui eco ci resta nel cuore anche quando il disco ha smesso di girare nel lettore. Questa prova superata a pieni voti ci conferma che l’artista livornese non ha niente di meno (anzi, semmai molto in più!) di tante sopravvalutate cantautrici anglosassoni.
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