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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2012
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Ci sono canzoni che si ascoltano per caso e lasciano indifferenti, altre che generano un ascolto impersonale, in cui l’orecchio della mente (ma non del cuore) le sente cantare e ricantare, e infine quelle che necessitano di un ascolto personale, che cercano di afferrare significati personali, di cui Morrissey (brillante songwriter coadiuvato dalle musiche di Johnny Marr fino al 1987 - anno dello scioglimento degli Smiths - e successivamente, nel periodo solista, per gran parte da quelle di Alain Whyte) è senz’altro artefice esemplare. “Meat is murder” del 1985, disco “vegetariano” della storia della musica, non è uno di quei lavori che si acquistano perché il singolo estratto orecchiabile, ascoltato ripetutamente in radio o alla tv, ti conquista (due o al massimo tre network in Italia passano a volte “How soon is now?”. È un “classico” davvero poco sponsorizzato). Devi andare tu alla ricerca di questo tesoro, in quanto dalle recensioni sparse sul web supponi che ti possa personalmente interessare, pensi che troverai la risposta a domande che tantissime persone non si pongono, ovvero i troppo fortunati e gli insensibili. Questo album è unicamente rivolto ai sopraffatti, agli irriducibili, o semplicemente agli empatici, che applaudono a tutti i 10 brani, in cui tracimano rabbia, dolcezza, intelligenza, irriverenza, saggezza (sebbene Morrissey avesse soli 26 anni) ed eleganza. Si inizia con l’accusa ai comportamenti violenti degli insegnanti e si prosegue, nella seconda traccia, con il disdegno verso chi vede nella vita di coppia un affare economico (sebbene Morrissey “cammini tutto solo verso casa la sua fede nell’amore è ancora intatta” e anche quella dei suoi fans). Andando avanti il tono si fa sempre più amaro con la frustrazione della solitudine, del non riuscire a farsi accettare ed amare dagli altri, fino alla penultima canzone in cui è colpevolizzata la “barbara” mancanza di tatto e di affetto dei genitori verso i figli. La chiusura di questa pietra miliare della storia del rock alternativo è affidata insolitamente alla title-track (in genere nei cd non è mai posizionata alla fine), pezzo nato con l’intento di persuadere il pubblico di nicchia degli Smiths a non mangiare carne (forse un po’ troppo patetico, ma è per una giusta causa). Complessivamente è un bell’album, sia dal punto di vista del suono che dei testi. Consigliato a tutti: un’opera di valore, proposta ormai ad un prezzo “smile” ed il divertimento è praticamente solo nell’esigua cifra dell’importo, perché questo disco, è chiaro, non ha nulla che possa far suscitare un sorriso.
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