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Questo album non può assolutamente mancare sullo scaffale di tutti gli amanti del Vasco nazionale: al primo ascolto si intuisce subito come mai sia già diventato un vero protagonista della musica italiana. Si alternano brani più delicati ad altri veramente tosti, che ti contagiano di buon umore. Può essere un perfetto sottofondo musicale durante i pomeriggi di relax e nelle serate, ma io consiglio di ascoltarlo subito appena arriva così da sentire il meglio di Vasco.
Il brano, come già si intuiva dall'anteprima, è una power ballad in puro stile Vasco con vaghi rimandi loureediani, costruita su un riff di due note (MI e LA): semplicità, linearità e immediatezza, in pratica, sono i cardini della canzone che appunto rievoca gli schemi spartani e ridotti all'osso di Reed e di certi Velvet Underground (il paragone con "Heroin" sarebbe forse poco rispettoso e non lo facciamo, ma la struttura è in qualche modo simile, basata su una ripetizione del medesimo giro di accordi con alternanza di momenti più carichi e altri più calmi), ma con il piglio e la produzione tipicamente rock e hard che contraddistinguono i lavori più di impatto del rocker di Zocca. Il ritornello sembra fatto apposta per la dimensione live: addirittura un coro stile stadio sottolinea i passaggi che, dal vivo, sicuramente faranno cantare il pubblico - a scanso di equivoci. Ma il mestiere è anche questo: sapere cosa piazzare al momento e al posto giusto, per esaltare la folla. Qualche perplessità, invece, la desta il video: nulla da eccepire sulla prestazione di Vinicio Marchioni (alias "Er Freddo") che risulta convincente nella parte del tormentato alla ricerca di un cambiamento. Ma il finale alla Lars Von Triar di "Le onde del destino" misto a suggestioni "Stargate" in salsa "Lost" è piuttosto spiazzante.
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