Il libro, pubblicato da Einaudi, è stato scritto dall’autore al suo ritorno dai campi di concentramento nazisti, nel 1953. La sua travagliata esperienza bellica (caporalmaggiore in Francia, poi in Albania, sergente in Grecia, ben due spedizioni in Russia e successiva deportazione nei campi della Prussia orientale) ne caratterizza certamente lo stile. Non è difficile, infatti, pensare che la produzione letteraria dello scrittore nasca più come un desiderio di scaricare le proprie emozioni su carta che di ottenerne dei vantaggi economici, allo stesso modo di molti altri reduci. Il testo, con questa sua speciale caratteristica, colpisce immediatamente l’immaginario del pubblico per la sua semplicità, spesso scioccante, disarmante, poiché pone immediatamente dinanzi agli occhi quella che è la realtà della guerra, dietro ogni finzione cinematografica e/o propagandistica. Il risultato è uno spaccato della vita militare dei soldati italiani ormai in rotta, visto attraverso lo sguardo di un superstite. Il lettore, però, assiste passivo agli eventi, che si susseguono come le rapide sequenze di un film, spesso estraniato da un linguaggio scostante perché dialettale, o ancora perché ricco di termini propri di un lessico intimo dei protagonisti. L’autore inoltre alterna momenti in cui illustra il paesaggio, altri in cui narra le situazioni, descrive i personaggi, e i propri stati d’animo, ed è appunto con questi ultimi passaggi che per il lettore si apre una porta sulla mente di Mario Rigoni, sergentemaggiore del 6° reggimento alpini, battaglione Vestone. Certamente il libro è una ricchezza unica, data la pluralità di messaggi e di informazioni in esso contenuti, e non si può negare che sia di una facile lettura e comprensione. Consigliato per tutti, e in particolar modo agli adolescenti.
Nel 1962 Ermanno Olmi rilascia un'intervista in cui dichiara: "Nel mio prossimo film, tratto dai ricordi di Russia di Mario Rigoni Stern, "Il sergente nella neve", non ho nessuna intenzione di fare della critica storica. La verità totale della guerra (perché la guerra è verità, la guerra è morte, e nessuno fa il mistificatore di fronte alla morte) mi servirà per fare il bilancio dei valori umani che considero essenziali. Ogni soldato, ogni alpino, vedrà le cose che contano veramente nella vita e quelle che sono soltanto epidermiche, marginali". Quando pronuncia quelle parole, il giovane regista sta lottando da tre anni per riuscire a realizzare il film che ha in mente da quando ha letto il libro di Rigoni Stern: ha terminato di scrivere insieme a lui la sceneggiatura, ha fatto dei sopralluoghi in Slovenia e in altre località in cerca di ambientazioni e di attori non professionisti, ha provato ad aggirare tutti gli ostacoli creati dalle case di produzione. Quel film non nascerà mai, per molte ragioni di cui dà conto Gian Piero Brunetta nel saggio che chiude questo volume, ma "a distanza di poco meno di cinquant'anni questo manoscritto si presenta ancora, così com'è, come esempio di sceneggiatura perfetta, capace di sfidare il tempo". Una sceneggiatura che può essere letta come un libro a sé stante: che diventa ancora più preziosa se accostata al testo de "Il sergente nella neve".
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Anno edizione:2008
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GAETANO VITAGLIANO 30 dicembre 2011
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Ogni libro di Mario Rigoni Stern è un libro da comprare e da leggere ma "Il sergente della neve" è un capolavoro assoluto della Letteratura. Mario Rigoni Stern, sottufficiale della Tridentina, reduce della campagna di Russia, 1941/43, in un racconto che se pure esalta le sofferenze, gli stenti, l'immane fatica sopportata da tantissimi giovani mandati in un assurda guerra, riesce a non farci mai disperare e ad infondere, a noi come ai suoi commilitoni di allora, la speranza e la certezza che da qualche parte c'è una casa che ci aspetta.
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