L'uccello che girava le viti del mondo

Un libro strano, molto strano. Questo romanzo scorre a meraviglia e si legge che è un piacere, anche se la mole non è certo piccola. Proprio la piacevolezza della lettura e la curiosità di andare avanti costituiscono gran parte del voto positivo.

L’uccello che girava le viti del mondo (H. Murakami) Difficile avere la stessa interpretazione ed inutile aspettarsi che Murakami sbrogli la matassa nelle ultime pagine, come se si trattasse di un semplice giallo. Qui tutto verte sulla ricerca del sé nel decadente mondo moderno, fatto di noia e soprusi, valori perduti e ricerca ossessiva e narcisista del successo. Murakami denuda e irride il protagonista, fino a farlo sentire inutile al mondo. Solo al contatto con la terra umida di un pozzo è finalmente spoglio di ogni possedimento terreno e può psicoanalizzarsi. Perde tutto, l’amore, l’amato gatto, il lavoro e non ha punti di riferimento. È allora che comincia a risalire la china. Pagina 323. “Ogni avvenimento è nello stesso tempo semplice e complicato. Questa è la legge fondamentale che regola il mondo. Anche nelle vicende che sembrano complicate, e in pratica lo sono, il movente è molto semplice. Tutto dipende da ciò che desideriamo, non c’è altro. Il movente si trova alle radici del desiderio, quindi ciò che conta è trovare le radici. In questo modo, ogni vicenda diventa chiara. Gli stupidi non potranno mai liberarsi da quel senso apparente di complessità. Vagano nelle tenebre alla ricerca dell’uscita, e alla fine muoiono senza aver capito nulla del funzionamento della società. È come se si trovassero dentro a un bosco, o in fondo a un pozzo, disorientati. Nella loro testa ci sono solo zavorra e spazzatura. Non capiscono nulla. Non capiscono neanche cosa viene prima e dopo, cosa è su e cosa è giù, dov’è il Nord e dov’è il Sud. È per questo che non riescono a fuggire a quelle tenebre. Ma dimentichiamo tali persone. Le persone che hanno perso il senso dell’orientamento, è bene lasciarle nella loro confusione. Noi abbiamo altro da fare.“

Il solito Murakami che non tradisce mai