Un romanzo che tocca il cuore e la coscienza, che apre gli occhi su decenni di massacri subiti dalla inerme popolazione palestinese, e sull’orrore e spietatezza di Israele e Stati Uniti. E se fosse successo a noi? Da leggere, da raccontare, da condividere.
Ogni mattina a Jenin
Un romanzo struggente che può fare per la Palestina ciò che il "Cacciatore di aquiloni" ha fatto per l'Afghanistan. Racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria". Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l'abbandono della casa dei suoi antenati di 'Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l'infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell'arco di quasi sessant'anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, racconta la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.
Il romanzo era stato pubblicato nel 2006 con il titolo Nel segno di David.
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Anno edizione:2011
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Lucsic 05 novembre 2023Apriamo gli occhi!
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MICHELA CORBO 19 dicembre 2011
Ho appena finito di leggere il libro e sono talmente forti le emozioni suscitate che il mio cuore è a pezzi per il dolore, mi sento un senso di oppressione allo stomaco.. La lettura è accompagnata lungo tutto il percorso da profonde riflessioni, da domande dovute all'intensità del racconto, ho avuto la sensazione di essere lì e di vivere anch'io la storia di Amal...di essere anch'io in quel campo profughi e di vivere il dolore di tutte quelle vite perse.... MA PERCHé L'ESSERE UMANO è COSì STUPIDO, COSì CIECO, COSì CRUDELE??!! Davvero un libro splendido che dovrebbero leggere tutti, con la speranza che l'uomo diventi un po' più sensibile e meno indifferente davanti a tutte queste atrocità che ci circondano....
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Fabio Lanzini 26 novembre 2011
Ho da poco terminato di leggere il libro e ritengo giusto scriverne la recensione immediatamente, così da trasferire su carta le emozioni che ho provato senza perderne la bellezza e la profondità. La storia è ambientata in Palestina, quando, al termine della II Guerra Mondiale, gli ebrei cominciano la loro migrazione nei territori dove attualmente sorge Israele. L’occupazione obbliga i palestinesi a trasferirsi dalle loro case, dalla loro vita, ai campi profughi, dove vivranno sotto il controllo israeliano. Il libro si concentra sulla storia di una famiglia, di una figlia, Amal, che insieme al suo popolo affronta le sofferenze dei decenni che seguono l’occupazione israeliana, subendo le ingiustizie di una situazione decisa altrove ma ricostruendo sempre con grande spirito la propria vita, nell’amore e nel rispetto delle tradizioni arabe. La storia arriva fino agli anni più recenti (l’inizio del 21° secolo) percorrendo gli eventi più importanti della vicenda palestinese e aggiungendo al romanzo anche la precisione storica: davvero apprezzabili i racconti di grandi giornalisti, Robert Frisk per esempio, che irrompono nel romanzo per testimoniare le vicende storiche più importanti. Personalmente, ritengo questo libro assolutamente splendido, perché la precisione e la profondità del racconto permettono davvero di vivere le emozioni da protagonisti e informano, al di là di ogni libro di storia, sulla situazione che vivono ancora oggi i profughi palestinesi. Lo stile utilizzato dall’autrice è fluente e il ritmo della narrazione piuttosto veloce (non ci si annoia), salvo fermarsi talvolta per qualche riflessione che non risulta mai pesante, ma assolutamente opportuna per coinvolgere il lettore nell’amore o nella sofferenza provata dai protagonisti. Alla fine, un libro che consiglio a tutti.
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