Questa è la storia di una figlia cresciuta quasi senza padre o per meglio dire, è la storia di un’adolescente che il padre lo ha perso una domenica sera di oltre trent’anni fa, che poi questi fosse Beppe Viola, icona satirica del giornalismo sportivo, poco le importa perché solo incidentalmente il giornalista e il padre si somigliano, solo per pura coincidenza. La vita di una famiglia e di mille amicizie viene spezzata una sera di ottobre del 1982, quando Giuseppe Viola, in arte Beppe, si accascia sulla sua Olivetti mentre era intento a commentare un 2 a 2 tra Inter e Napoli, già perché se non lo sapete Viola era un giornalista sportivo e molto più: era sceneggiatore, paroliere di Jannacci, era Milanese e Milanista, fancazzista a 360 gradi, ma era anche, per Marina e le sue tre sorelle, un padre come tanti ma al tempo stesso differente e pazzamente innamorato della vita e delle sue figlie, uno che veniva fermato per strada alla domanda: “Ma scusi lei è Beppe Viola !?!?” ma che mosso da un moto di strano riserbo osservava l’interlocutore e diceva: ”Sa me lo dicono in molti ma mi spiace non sono io”. In quasi 170 pagine la secondogenita del ‘fu Beppe’, raccoglie due anni di testimonianze e ricordi, ripercorrendo la sua infanzia, le estati al mare, i nonni e la scuola, le domeniche passate in RAI assieme al padre e le sorelle, ma che si ricorda anche il dopo, chi le è stato vicino e come non sia mai riuscita a dimenticarsi completamente quel gigante sovrappeso di suo padre. Un libro quindi scritto sia per ricordare ma anche per ‘andare avanti’ nel tentativo di esorcizzare il ricordo scomodo di un padre che in eredità ti ha lasciato un umorismo nero e centinaia di articoli e lavori di rara efficacia. Da leggere se siete appassionati di ‘Pepinoeu’ ma anche solo se desiderate avvicinarvi a una storia di casa nostra: nata fra le pieghe del dopoguerra, affievolita una domenica di metà ottobre del 1982, ma anche una storia che fortunatamente non accenna a spegnersi.
Mio padre è stato anche Beppe Viola
Che padre era Beppe Viola, quando non era allo stadio o non andava in onda? In che modo riusciva a incanalare, nella vita quotidiana con la moglie e le quattro figlie, tutto il genio e l'esuberanza che poi sprigionava in ogni cosa? Come gestiva quella grande fama che era scoppiata tutta assieme, e di cui anche un po' in verità si vergognava con gli amici? In questo racconto, scritto dalla penna della figlia Marina, c'è il Beppe uomo, quello che litigava con l'amico di sempre Enzo Jannacci, quello che buttava giù canzoni di getto davanti a un vino rosso insieme a Cochi e Renato, quello che si sganasciava dalle risate mentre scriveva film per Mario Monicelli o battute comiche insieme a Massimo Boldi e Teo Teocoli. Quello che faceva arrivare tardi un giovanissimo Bruno Pizzul alla sua prima telecronaca televisiva perché prima lo aveva costretto a fermarsi a giocare ai cavalli. "Ecco cos'hanno in comune mio padre e Beppe Viola: si somigliano, hanno la stessa faccia. A volte è facile confonderli. Talmente facile che anch'io faccio fatica. Eppure sono persone diverse: per prima cosa, uno è morto e l'altro no. Dunque, questo non è un libro su Beppe Viola. È un libro su mio padre, quello che mi sgridava quando la facevo fuori dal vaso, quello che firmava le giustificazioni, quello che veniva in vacanza con me, che leggeva il giornale sulla poltrona. Questo è il mio modo di salutarlo, una volte per tutte, e fargli fare il suo viaggio senza sensi di colpa."
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Anno edizione:2013
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Ciro Andreotti 30 giugno 2013
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