Ti si attacca addosso. Non c'è bisogno di studiarlo, analizzarlo, sezionarlo. Ti si attacca addosso e basta. E ti rimane dentro. Valgono per tutto le parole in quarta di copertina: "i servitori di questo "male" non sono che piccoli, grigi, burocrati. I macellai del secolo scorso non hanno la grandezza dei demoni: sono dei tecnici, si somigliano e ci somigliano". La cieca obbedienza, la burocrazia come motore dell'azione umana, per quanto bestiale essa possa essere. Non c'è differenza tra l'Eichmann burocrate dello sterminio e l'ottuso impiegatuccio che non vede oltre le proprie scartoffie. Un inno, un grido rivolto alla propria morale, se esiste ancora quando la morale collettiva viene alienata dalla società intera. E un passaggio fondamentale: la giustizia non deve essere mai condotta in nome e per conto di una parte offesa contro una parte agente dell'offesa. Non può vincere l'accusato o l'accusatore. Deve essere amministrata in nome e per conto di quell'ordine sociale che è stato turbato. Deve servire a riportare l'ordine della pacifica convivenza all'interno della società, a ripristinare il supremo valore di quelle regole che tutti noi ci siamo dati e a cui ci inchiniamo per il convivere civile. Se cade questo presupposto, si ritorna alla legge del taglione. E quando la Arendt, preoccupata, ci dice "...perchè questi fatti possono ancora accadere..." mi è venuta in mente la Yugoslavia dei primi anni novanta. E, meccanicamente, ho provato gioia pensando alla Corte Internazionale dell'Aja. Qualcosa s'è mosso nel genere umano.
La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
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Autore:
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Collana:
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Edizione:5
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Anno edizione:2001
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Claudio Barazzetta 08 marzo 2017
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Federica Bascetta 23 novembre 2016
Un’opera di Francisco Goya è intitolata “il sonno della ragione genera mostri”. Il sonno della ragione ha davvero generato dei mostri con lo sterminio di massa durante la seconda guerra mondiale. Davvero l’uomo si è macchiato di simili atrocità “semplicemente” perché doveva rispondere a degli ordini? Davvero un uomo può essere considerato “normale”? O il suo crimine “banale”? Eichmann era davvero cosciente di quel che faceva? Devo dire che è stato un libro che non ho letto immediatamente dopo averlo acquistato. Sentivo di non riuscire a leggerlo, di non esserne ancora pronta. Lascia spiazzati, incerti, senza parole.
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Sono stata obbligata a leggerlo per ragioni scolastiche, ma sono grata al professore. Leggere questo libro fornisce un senso di impotenza verso l'esistenza del male sulla terra, è quindi un'esperienza quasi deprimente, ma secondo me necessaria. Le risposte di Eichmann, agli interrogatori, dimostrano come davvero le azioni più crudeli e disumane sono il risultato, non di una coscienza contorta e diabolica, ma di personalità deboli e tendenti all'obbedienza che forniscono l'humus per la dilagazione delle idee folli di pochi uomini.
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