ho acquistato il libro quasi per caso o per curiosità, attratta dall'idea di una storia di vita "normale", come si puo' scrivere addirittura più libri sulla normalità? Ebbene sono rimasta affascinata da quest'autore e dal suo raccontare semplice, quasi banale, a volte ripetitivo, che racconta la sua vita, la mia e, forse, un po' quella di tutti. Il fatto di essere ambientato in luoghi del nord Europa, ha fatto il resto!
La morte del padre
"Quando si sa troppo poco, è come se questo poco non esistesse, ma anche quando si sa troppo, è come se questo troppo non ci fosse. Scrivere significa portare alla luce l'esistente facendolo emergere dalle ombre di ciò che sappiamo. La scrittura è questo. Non quello che vi succede, non gli avvenimenti che vi si svolgono, ma lì, in se stessa. Lì, risiede il luogo e l'obiettivo dello scrivere. Ma come si arriva a questo lì? Era questa la domanda che mi ponevo mentre seduto su una panchina di quel quartiere di Stoccolma bevevo caffè e i muscoli si stavano rattrappendo dal freddo e il fumo della sigaretta si dissolveva in quell'enorme spazio fatto d'aria che mi sovrastava. Per molti anni avevo cercato di scrivere di mio padre, ma senza riuscirci, sicuramente perché tutto questo era troppo vicino alla mia vita e quindi non era facile costringerlo in un'altra forma, che invece costituisce il presupposto base della letteratura. È la sua unica legge: tutto deve piegarsi alla forma. Ecco perché gli scrittori che posseggono uno stile marcato scrivono spesso libri deboli. Ecco perché quegli autori che si occupano di argomenti e temi forti scrivono libri deboli. La potenza insita nel tema e nello stile deve essere spezzata affinché possa nascere la letteratura. È questa demolizione che viene definita 'scrivere'. Lo scrivere riguarda più il distruggere che il creare."
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Autore:
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Traduttore:
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Collana:
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Anno edizione:2015
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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SILVIA SOMMARUGA 14 maggio 2018
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FABIO SARTORIO 23 gennaio 2017
Ho letto questo libro in estate e mi e´ molto piaciuto, uno di queli libri di cui ci si ricorda di passaggi anche poco importanti ma toccanti...e´ la storia dell'autore, e va bene, ma so ha scritto altri libri sempre autobiografici...non vorrei leggere la continuazione della sua vita che per quanto interessante non e' che mi interessi piu´di tanto...1,2 ok ma 6? Ad ogni modo almeno il primo lo consiglio e scrive davvero bene...
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Libro audace. Forse complesso, sicuramente non "leggero": non è leggere Topolino, in altre parole, ma non avevo voglia di leggere Topolino quando ho iniziato questo libro. Nelle lunghe descrizioni, a volte (apparentemente) estenuanti per alcuni, l'Autore inserisce con estrema delicatezza riflessioni sulla vita e sull'umana esistenza che toccano, chi ha voglia di lasciarsi toccare beninteso... , toccano molto. Mi sono ritrovato spesso con le lacrime agli occhi; a volte perché ho ritrovato nelle sue parole quelle mie che andavo cercando ma che non avevo ancora trovato; altre perché non è semplice descrivere il dolore (ci vuole anche un certo intimo coraggio, no?) togliendosi le maschere dell'ipocrisia: ma l'ipocrisia la troviamo ad ogni angolo di strada, oltre che in noi stessi. La vita non è semplice per chiunque la viva e come tale viene raccontata senza "frasi fatte": Knausgård sembra voglia lasciarle ad altri. Mi sono ritrovato anche a sorridere, perché la vita non è solo sofferenza, e qui si parla della vita, a dispetto (e rispetto) del titolo. La trama è semplice; a volte sembra mancare o quasi non se ne sente la necessità per abbandonarsi ad altro che non è semplice definire, né forse sarebbe corretto farlo, visto che può essere così diverso da lettore a lettore. L'unica caratteristica in comune con altri libri che ho amato, per farla breve, è stata che mentre lo leggevo non avevo nessuna voglia di terminarlo ma per questo libro la consolazione è stata che era il primo di sei. Potrei scrivere tanto altro ma non voglia farlo. Ho regalato questo libro a delle persone: quelle alle quali voglio più bene.
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