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Avevano vissuto esistenze difficili, spesso tragiche, comunque mai banali, sempre tese a cercare di contenere le perdite causate dalla leggerezza dei loro mariti, padri, fratelli. Ma le loro storie non sono mai state raccontate, oppure sono state raccontate male. Perché il mondo, lì in Sicilia, appartiene agli uomini. Ai Gattopardi. E le Gattoparde hanno sempre dovuto accontentarsi dell'ombra.
Villa Piccolo, la straordinaria residenza di campagna dell'aristocratica famiglia Piccolo, arroccata in cima alle colline di Capo d'Orlando e immersa in uno splendido parco di oltre venti ettari, fu il luogo in cui la baronessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò si ritirò quando il marito Giuseppe Piccolo di Calanovella fuggì a Sanremo con una ballerina. Lì visse con i suoi tre figli, Lucio, Casimiro e Agata Giovanna, che vi abitarono fino alla morte. Agata, ultima superstite e vestale della villa, ci racconta la storia della sua vita, della sua famiglia, della sua epoca. Lei, testimone di un mondo che fu, decide di ricostruire questa trama esclusivamente attraverso le vicende delle donne che l'hanno tessuta. Quando il sipario si apre su Agata siamo nella seconda metà del Novecento, ma la sua memoria ci conduce fino alla Sicilia postunitaria, a un momento cruciale della storia di quella terra e del nostro Paese. Tutte le certezze vacillano per l'aristocrazia terriera e le donne Piccolo, come altre loro simili, devono affrontare il cambiamento. Le vediamo lottare per tenere insieme ciò che resta del proprio mondo, resistendo al dissolversi dell'universo che conoscono. Mentre gli uomini di casa, i Gattopardi, assecondano il declino senza porvi argine e con rassegnazione. Le vediamo stagliarsi sullo sfondo di una vita domestica e di società fatta di riti e di fasti, di passioni e di compromessi. Ma anche di lutti e tragedie dettate dalla storia – il terremoto di Messina e le bombe su Palermo – e da episodi di violenza efferata. E ci immergiamo nell'atmosfera trasognata dell'oasi di Villa Piccolo, in cui Teresa crea un bizzarro cenacolo di arte, cultura e letteratura, dove Giuseppe Tomasi di Lampedusa, suo nipote, concepirà la sua opera eterna e passeranno in visita, tra gli altri, Montale, Cederna, Pasolini, Sciascia e Consolo, attratti dalla compagnia, così come dal cibo prezioso che Agata porta in tavola.
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Ottima testimonianza di come le famiglie nobili della Sicilia hanno subito l'unità d'italia e di come la loro società sia andata in declino. Leggendo anche romanzi sui Florio si evince come il nord abbia a poco a poco smontayo l'economia del sud. In questo romanzo è interessante la visione delle donne..
La Sicilia e il tramonto di un'epoca raccontati attraverso le donne della famiglia dei Baroni Tasca Filangieri di Cuto'. Trattandosi di una saga familiare il periodo storico è ampio perché abbraccia un intero secolo, dal momento post unitario fino al secondo dopoguerra. Le fila della narrazione sono tenute dalla Baronissa Agata Giovanna Piccolo, ultima esponente della famiglia. Su tutti aleggia la figura della nonna materna Giovanna, che i nipoti non hanno conosciuto ma che rivive attraverso i ricordi delle loro madri e nel suo testamento. La storia della famiglia si snoda e si intreccia con gli eventi storici che hanno cambiato per sempre la Sicilia: l’unità d’Italia, la crisi dell’aristocrazia terriera, il fascismo, le guerre mondiali… Conosceremo donne colte e volitive, donne passionali e sfortunate, che cercano di tenere in piedi il loro mondo mentre gli uomini, i Gattopardi, pensano a dilapidare le loro fortune. L'ultima parte della vicenda è narrata tramite il diario di Agata. L'autrice immagina, infatti, che Agata inizia a scrivere un diario dopo che lei, la madre Teresa e i fratelli, si sono ritirati nella villa a Capo d'Orlando dopo i dolorosi episodi vissuti dalla famiglia. Ospite fisso in quel luogo sarà il principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, figlio della zia Bice e cugino di Agata. Potremo così avventurarci nei luoghi che ritroveremo nel suo famoso Il Gattopardo e riviverne l’atmosfera.
Una discreta lettura ma poco coinvolgente. Sulla scia de "Il gattopardo" e "I leoni di Sicilia", ma non pienamente all'altezza. Si legge in un pomeriggio.
Recensioni
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