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E' la seconda volta che apro questo libro. La prima è andata male: un capitolo, forse uno e mezzo e lo richiusi. Troppo difficile ho pensato il dialetto romano, nessun effetto speciale, le storie di ragazzi che si intrecciavano così, senza soluzione di continuità. Lo riapro qualche anno più tardi - 6, forse 7 - e trovo al contrario stupefacente tutto quello che prima consideravo una noia mortale. Il realismo più sfrenato degli ultimi, di coloro che non rientrano manco nella scala sociale. Le storie di questi Ragazzi e le loro cornici ambientali che Pasolini con la sua fantastica descrizione "schizzata" ti fa immaginare in un bianco e nero sporco e sudato ti riportano a quella vita di stenti ma soprattutto a quell'estrema umanità che solo i disprezzati sono capaci di offrire. Perchè non colsi subito il significato di questo libro allora? Questione di età, questione di interessi e di intellettualità matura probabilmente, ho pensato in un primo momento. Riflettendoci meglio penso più che altro che sia una risposta alla pochezza e alla debolezza del quotidianità del mondo iper-tecnologico. Il ritorno alle zozzerie, ai sobborghi (romani, in questo caso), alle taverne di legno, ai pantaloni impolverati delle periferie sono la risposta a questo mondo di televisioni scialbe e rapporti virtuali. Questa credo sia la chiave corretta per leggere Ragazzi di vita alle soglie del 2010. Pasolini lo scrisse cinquantacinque anni fa, terribilmente vero allora, terribilmente crudo oggi. Straziantemente romantico.
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