A parte l'inversione dei nomi nella quarta di copertina che crea un po' di confusione sulle protagoniste, il libro parte un po' lento. Ogni capitolo è raccontato in prima persona da uno dei protagonisti ed è un movimento continuo in avanti e indietro nel tempo seguendo i ricordi di chi racconta. Un po' alla volta si entra nella storia che viene tessuta come un tappeto. La trama finisce per coinvolgerti regalandoti una bella lettura. Della stessa autrice avevo già letto "Le quaranta porte" un libro pieno di poesia che mi era molto piaciuto e a questo punto leggero' anche "La bastarda di Istanbul" che è il libro che l'ha fatta conoscere.
Dicono che i gemelli siano inseparabili, due corpi per un'anima sola. Pembe e Jamila sono nate a tre minuti di distanza, nel piccolo villaggio curdo della Casa dei quattro venti. Jamila ha occhi verdi come l'edera, sogna di girare il mondo come i marinai e di svegliarsi ogni giorno in un porto diverso. Pembe è seria, posata, la sua risata è il rumore di due bicchieri che si toccano e le sue mani conoscono i segreti della vita e della morte. Da grande sarà una levatrice: quasi sacra, vivrà sospesa tra il mondo invisibile e quello visibile come la trama sottile di una ragnatela. E se Pembe resterà fino all'ultimo legata al villaggio e alla sua gente, Jamila andrà a Istanbul e poi a Londra, conoscerà l'amore e il tradimento, farà tre figli e troppi sbagli e alla fine tornerà nel luogo da cui era partita. Perché i destini di Pembe e Jamila si chiamano e si intrecciano fino a confondersi in quel disegno fragile e intricato che è la vita. Dopo "La bastarda di Istanbul", Elif Shafak ritorna con un nuovo romanzo ricco di magia e di sentimenti, d storie e di personaggi in bilico fra tradizione e modernità, tra la paura e una fortissima voglia di libertà.
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Anno edizione:2013
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Formato:Tascabile
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Alessio Ferrante 02 dicembre 2017
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Premesso che è una delle mie scrittrici preferite, questo romanzo non mi ha poi entusiasmato moltissimo nel suo complesso. Per cominciare, personalmente non amo saltare di palo in frasca. Mi spiego meglio. Odio i salti temporali avanti e indietro, ritengo che non rendano la storia fluida, soprattutto quando, come in questo caso, a parlare siano un po' tutti i personaggi più la voce narrante. A volte la semplicità è sempre la cosa migliore. Non c'è bisogno di mescolare stili su stili per dimostrare di saper scrivere. La trama è interessante, volendo anche intrigante, ma se si è già letto parecchio su determinate culture, diventa anche piuttosto prevedibile. Non manca, però, un colpo di scena finale (per i più scaltri prevedibile anch'esso). Ottima, invece l'introspezione dei personaggi e la capacità di comunicarne le emozioni. Comunque sempre ben scritto e gradevole, ma nessun capolavoro dal mio piccolissimo punto di vista. Nulla a che vedere con LE QUARANTA PORTE, a mio avviso di gran lunga superiore. Da leggere, in ogni caso.
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