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In questo libro c’è di tutto: satira, magia, avventura.. Mille storie che si intrecciano, tra cui la favola di amore e psiche. Sembra impossibile che sia stato scritto nell’Antica Roma.
Libro molto carino e leggero, a tratti anche satirico. Contiene al suo interno la favola di Amore e Psiche, uno dei racconti più famosi della mitologia.
Ci siamo chiesti a volte cosa direbbero gli animali se potessero parlare. Il protagonista di questo romanzo, Lucio, ha potuto sperimentare su sé stesso la frustrazione che una bestia, stolta ma onesta, può provare nel non potersi esprimere contro le assurdità degli uomini. Trasformato in asino da una maga come punizione per un’insana curiosità, il ragazzo vive una serie assurda di peripezie, otterrà la grazia mediante la magia ‘santa’ della dea Iside e di questa diverrà il piissimo sacerdote. Famoso per essere l’unico romanzo latino a esserci pervenuto integro, almeno secondo gli standard dell’antichità: esso si caratterizza infatti per una struttura quasi caotica, ipercitazionista e connotata da una forte commistione di generi diversi. C’è chi lo ritiene una riscrittura da una di poco precedente operetta di Luciano di Samosata, ma il discorso non conta essendo anche quest’ultima probabilissima riscrittura da un racconto ancor precedente e perduto. Il vero enigma è semmai sul motivo per cui sant’Agostino volle chiamarlo ‘Asinus aureus’, titolo che per comodità manteniamo. ‘L’asino d’oro’ sta alla letteratura del suo tempo come ‘Il nome della rosa’ all’attuale: il suo fascino consiste in fattori alternativi alla sola godibilità estetica. Stupisce il modo in cui Apuleio gioca con gli schemi narrativi della tradizione greco-romana, proponendo più chiavi di lettura del testo anche grazie a un registro linguistico dallo spettro assai ampio: humor e dramma, realismo e suggestione fantastica, intrattenimento e didascalismo coabitano felicemente. Purtroppo questo libro, un tempo eccelso, oggi è poco godibile e non per colpa sua. Per capire il messaggio ‘vero’ di Apuleio bisogna addentrarsi nella cultura nella quale egli era immerso. Quella di una romanità periferica, decadente e in ragione di ciò anche inquieta spiritualmente. Non che il mondo attuale non presenti scenari simili. Ma gli odierni pellegrini del pensiero, con tutto il rispetto, non hanno quasi mai la cultura e la raffinatezza intellettuale dell’autore di questo libro.
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