1935, ventennio fascista e guerra d'Etiopia. Michilino è un bambino di sei anni particolarmente dotato dal punto di vista fisico, ma non ne è consapevole. Proprio questa sua caratteristica porterà molti degli adulti che gli stanno intorno a violare la sua innocenza, mentre la propaganda fascista e i precetti religiosi lo indottrinano sempre di più. Il bambino si trasformerà così in un pluriomicida, convinto che Gesù gli parli e lo incoraggi nella sua opera. Romanzo forte e crudo, in cui la particolare lingua, mista di italiano e siciliano, usata da Camilleri rende ancora più terribile la narrazione dell'infanzia negata di questo bambino corrotto proprio da quelli che avrebbero dovuto proteggerlo.
La presa di Macallè
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Nell'anno di grazia 1935, quello della guerra d'Abissinia, Michilino è un "picciliddro". Figlio della Lupa, fascista perfetto, arruolato nella milizia di Cristo grazie a prima comunione e cresima, il bambino si cerca a tentoni tra un padre che si "ringalluzza con la creata di casa" e una madre che si dà alla "penetrante conversazione" con un prete. Il professore Gorgerino, pedofilo e capo dell'opera nazionale balilla, lo introduce alla ginnastica degli spartani brutalizzandolo per festeggiare di volta in volta la presa di Macallè, di Tacazzè, Axum. Ed è proprio durante i festeggiamenti per la presa di Macallè che il bambino dall'infanzia manomessa decide di farsi vendicatore, trasformandosi in un pluriomicida soldato della milizia del Duce e di Cristo.
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Anno edizione:2003
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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veronica76 22 novembre 2025L'innocenza perduta
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Zaza 02 gennaio 2025Il primo Camilleri
Il mio primo libro di questo colosso italiano. Mi ha fatto innamorare dello scrittore. Non il solito giallo, fino alla fine sembra una commedia
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L'idea che una forte comicità licenziosa traini da sola questa storia è pura illusione. Questo è un romanzo terribile, tremendo, una vera discesa all'inferno lavorata con sapienza e tocco non comuni. Camilleri gioca di fino muovendo i periodi in un registro salace, ambiguo; del resto il ventennio fascista è un campo aperto a tutto questo, seminando idiozie e facendo danni più di mille grandinate, berciando proclami da macchietta, esaltando mascelle e muscoli come fossero menti sopraffine, inneggiando a un patriottismo accattone che nel tempo ha mostrato le sue miserie. L'autore non ci fa e non si fa mancare niente in questo banchetto: vizi sordidi e silenzi colpevoli, lettere anonime e vendette immediate, doppie e triple vite lanciate in una dissennatezza patetica, ignoranza e timore elevati a norma. E' in questo sfondo che vive e si muove Michelino, bambino di soli sette anni che scopre, ma solo nei momenti in cui ascolta alla radio la voce del Duce, d'avere un pene grande come un obelisco. E ne è ignaro, non capendo il perché dello stupore altrui quando si trovano di fronte al suo arnese. E' questo il mistero bellissimo del libro, una somma di eccessi che stanno per preludere alla tragedia. Il comunismo visto come veleno mortale, una chiesa che si rivela come un'esecrabile fogna umana, una famiglia persa fra tentazioni, desideri, dettati di colpa e punizione che finiranno per scendere nell'animo del bambino come la spinta finale verso la sua sorte. Un indottrinamento pazzesco, feroce e insieme puerile, dinamiche sociali degne del ridicolo più sfacciato, ma vendute per spirito inattaccabile, roccioso amor di patria, venerazione del nulla, di un sogno di conquista africana che vale poca sabbia inutile, di un Paese perso nel grottesco lazzaretto fascista, in una zotica fierezza senza sviluppo, trucidato da menti ignobili e crismi deplorevoli. Un libro che è specchio di quel tempo,stupenda favola nera come pochissime altre nel nostro Paese.
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