La trama, i personaggi, i luoghi, le divagazioni, evocano "riflessioni" a più livelli; la narrazione è come uno specchio d'acqua: superficie che rispecchia e riverbera, trasparenza che si lascia attraversare e trasporta lo sguardo nelle profondità... Non si resta spettatori, il narratore ci accompagna dentro al racconto, come "affatati". Così, ad un certo punto, appare naturale vedere un uomo annaffiare i piedi interrati della moglie. Dal momento in cui l'uomo si rassegna e smette di contrastare la moglie che si crede albero, il racconto accede al divino, alla fiaba, alla verità dell'amore... per la vita. Senza chiedersi quale medicina curerebbe il delirio di lei, suo marito la cura come una pianta e così riesce a farle accettare anche il cibo. Perchè più importante del far valere l'esame di realtà con la sua ragionevolezza, è che Minica viva, in qualunque forma sia. Una speranza che la bellezza sopravviva, al di là di ciò che le brutture e l'ottusità della violenza possono farci presagire.
"Camilleri è il cronista - sottolinea S. S. Nigro - il favolista e il mitografo della comunità vigatese. Racconta di Minica e di suo marito. Della loro modesta vita nella solitaria casetta gialla, accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno: in un paesaggio arcigno, blandito dal vicino mare e dalla luce". Siamo in Sicilia, tra Vigata e Castelvetrano negli ultimi anni del fascismo. Lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa fare il casellante è un privilegio non da poco: una casa, il pozzo, uno stipendio sicuro, ma la zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e i fascisti, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. A Nino Zarcuto, "trentino, beddro picciotto" è toccato un casello stretto tra la spiaggia e la linea ferrata. Si è sposato con Minica e aspettano, finalmente, un figlio. Il lavoro è poco, quindi c'è tempo per l'orto e per andare ogni tanto in paese dove Nino, appassionato di mandolino, può anche dilettarsi con l'amico Totò in qualche serenata improvvisata. Poi una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica. Un romanzo in cui mito e storia si intrecciano in quello che Camilleri definisce il secondo romanzo - dopo "Maruzza Musumeci" di una "trilogia della metamorfosi".
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Anno edizione:2008
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Claudia Lupica 07 marzo 2017
Camilleri è sì Montalbano, ma non solo. Anzi, è soprattutto altro. Camilleri è una nuova lingua, forse all’inizio ostica ma in realtà fin da subito percepita come l’unica “naturale” per raccontare una Sicilia antica, ma poi non così lontana. Nello specifico, questo delizioso romanzo appartiene alla cosiddetta “Trilogia della Metamorfosi”, insieme a “Maruzza Musumeci” (la donna sirena) e a “Il Sonaglio”. Camilleri racconta una storia che è allo stesso tempo di una tragicità estrema e di una poesia delicata e commovente. C’è un amore forte, totalizzante, persino folle (e che alla follia resiste), c’è la tragedia della guerra, c’è l’arte di arrangiarsi, c’è tutta l’umanità. Un libro che va letto, assolutamente.
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sofia corona 06 maggio 2016
Bello e di grande sentimento,un libro che fa assaporare la Sicilia del periodo della guerra in tutte le sue sfumature.Regala tante emozioni la storia del casellante Maruzza e della sua dolce moglie.Questo libro sfiora tante sfumature,è storico,emotivo,sociale e lascia per questo un forte segno nel lettore avvicinando tanto a quella terra aspramente bellissima e affascinante lasciando alla fine della storia una felicità inaspettata ma dolcissima .
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