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Anno edizione: 2013
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È veramente “agra” la vita descritta da Bianciardi, in questo libro unico, intenso e solo apparentemente fortemente autobiografico. In questo lungo e appassionato monologo Bianciardi descrive non solo tutta la sua esperienza, la sua stanchezza, la sua non omologazione, la sua rassegnazione e solitudine ma ti sfodera davanti agli occhi un quadro sconcertante ed indimenticabile di una società nel pieno del boom economico, dove tutto e tutti sono sacrificati sull’altare dell’efficientismo, del progresso, della disperata lotta per soddisfare bisogni indotti, non primari oppure per sopravvivere in un mondo ostile che va impietosamente avanti. Ed è proprio perché il suo racconto è così sincero, forse anche umorale e sanguigno che ti senti preso e non riesci a staccarti dalla pagina. Ma questa magia è data anche da uno stile agile e diretto, da un linguaggio particolare e impreziosito da toscanismi inusuali, da una ironia pungente e dissacratoria che in alcuni momenti giunge allo scherno, sotto la quale però senti tutta l’amarezza dell’intellettuale tradito. Lui, partito dalla provincia con la sua scorta di ideali, con le sue idee anche estreme di giustizia, si viene a scontrare non solo con un mondo di memorabili “segretariette”, con esattori, con la burocrazia ma anche con un partito che è diventato un mostro mastodontico ed incomprensibile. E da qui il senso di precarietà, stanchezza, il rifiuto di integrarsi in una società che lui non riesce o non vuole capire. Forse la percezione del mutamento di questa società del dopoguerra non sarà stata così per tutti, anzi molti avranno avuto una esperienza più gratificante ma Bianciardi ha una capacità lucida di evidenziar le storture, le inefficienze e la superficialità dei rapporti interpersonali che solo pochi altri hanno avuto, come Calvino, per esempio o Morselli. Leggendo certe pagine ammetto di aver ritrovato una frenesia simile che prende anche ai giorni nostri, di ottenere sempre di più, di volere sempre di più con un ritmo così incalzante che a volte ti lascia senza respiro! Sarà per caso la grande metropoli??
Il giovane Holden è cresciuto e ha messo su famiglia. Anzi due! Non si chiede più dove vadano le anatre quando il laghetto si ghiaccia, ma perché tutti i tram milanesi siano pieni di sconosciuti che si ignorano; oppure come le belle ragazze arrivino a passeggiare in centro senza usare mai i mezzi pubblici; o ancora perché nessuno si senta in dovere di chiamare un'ambulanza se c'è un barbone moribondo in strada. La rabbia del protagonista, che approda nella grande città per piazzare una bomba nella fabbrica che lo ha licenziato e che ha ucciso molti suoi ex colleghi minatori, a poco a poco si stempera nell'assorbimento metropolitano e in un'altra impari lotta: quella del quotidiano. Tra bollette da pagare, oggetti preziosi da impegnare, scocciatori al telefono, lavori più o meno umilianti, una vita di coppia scandita dai ritmi non già della fabbrica ma della cosiddetta modernità tout court. Sullo sfondo, una Milano che risucchia, inghiotte, rende impotente anche questo testardo anarchico maremmano. E' un romanzo del 1962, ma con passaggi attualissimi sulla condizione giovanile, sul rapporto uomo-donna, sull'idea di lavoro come mezzo di riconoscimento sociale. Ed è la più lampante conferma che quando uno scrittore riesce ad essere "uomo del suo tempo", la sua opera diventa immortale e viva in tutti i tempi della storia.
La vita agra è un romanzo fondamentale per comprendere gli anni del boom economico e il prezzo pagato per il fine. L'intellettuale che si trasferisce nella capitale economica allo scopo di far saltare la sede della nota azienda italiana, proprietaria delle miniere dove perirono i quarantatre minatori della maremma per scarsa sicurezza sul lavoro, ne viene inghiottito anch'esso. Spesso si fa confusione con il film interpretato dall'ottimo Tognazzi, dove il palazzo da far saltare diventa il Pirellone. Bianciardi ci descrive il grigiore del quotidiano nella Milano degli anni '60, ma a mio parere ha scritto una storia universale e per tutte le stagioni. Il protagonista de La vita agra, è forse stato il primo precario italiano. Saluti
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