Conosco il volto di Salvo Sottile da quando ero poco più di una ragazzina. Vederlo, rivederlo, mi affiora alla mente i suoi servizi a un tg regionale, quello del TGS, si interessava di cronaca palermitana, di mafia, di morti ammazzati. Quando succedeva qualcosa nella sua città, lui era lì, presente. Ora, lo si può ammirare nella redazione del TG5, giornalista affermato, poco presente nei servizi, molto da dietro una scrivania, a parlare con quel tono di voce che lo ha sempre contraddistinto. Forse il suo libro è anche un po' autobiografico, forse anche lui ha avuto difficolta prima di trovare quella che era la sua meta e finalmente fermarsi, senza andare più alla ricerca di se stesso tra i mille personaggi che la vita ci porta ad essere. Maqeda è un palermitano e in quanto palermitano rientra in una concezione dell'individuo che è diversa da quello del resto della nazione. P§erchè i palermitani, i siciliani, hanno una realtà che è ben diversa dal resto della nazione, quello che al nord è incomprensibile, qui, al sud, può essere giustificato. Filippo ha la capacità di riuscire sempre in ogni cosa che cerca di fare, prima semplice fidanzato che vuole far fuggire la propria amata dalla droga, poi fotografo, poi fotografo per un giornale, poi imprenditore e ancora detenuto, pasticcere, cuoco. Perseguitato da eventi spiacevoli, forse un pò cercati, quest'uomo riesce a gomitate ad uscire da quello che lo circonda e a prendere possesso della propria vita. Il libro è molto scorrevole, molto piacevole. Affascinante da leggere, specie per un palermitano che magari ridere davanti a quelle espressioni corsive indicanti modi di dire, espressioni tipiche di questa terra. Una finestra su una Palermo che tutti amano e molti, nello stesso tempo, odiano.
Maqeda
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Palermo. Filippo, un ragazzo avventato e ambizioso, inizia la sua "educazione sentimentale" alla mafia il giorno in cui si ritrova a fare da angelo custode a una tossicodipendente. Il dopo è un susseguirsi di ruoli. Diventa fotografo di cronaca nera, poi imprenditore senza scrupoli, poi braccio destro di uno zio ammanigliato con i boss. E finisce pure in carcere come complice di un omicidio. Non un omicidio qualunque, ma l'assassinio del vicequestore Ninni Cassarà, quel poliziotto eroico e testardo massacrato negli anni '80 dai corleonesi di Totò Riina in guerra con lo Stato. Ed è li, nei bracci dell'Ucciardone, che Filippo assapora prima il rispetto degli altri detenuti e poi il delirio di sentirsi finalmente parte di un olimpo potente e scellerato. Quello della mafia che comanda, che uccide, che atterrisce e che promette senza mai mantenere. Una tragedia degli inganni.
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Autore:
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Editore:
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Anno edizione:2007
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ROSA VILARDI 20 maggio 2008
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