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Il ricordo del rumore della marmitta di una Gilera 125, modello Arcore, fa da incipit a questo libro che, per brevi capitoli, racconta la vicenda umana, intellettuale e poetica di Pier Paolo Pasolini, l'ultimo "poeta civile" che l'Italia abbia avuto, l'uomo che, unico e solo, intuì il disastro culturale (nelle sue parole il "genocidio culturale")a cui il paese stava andando incontro, la "mutazione antropologica" che, in capo a pochi anni, avrebbe cambiato radicalmente la "faccia" dell'Italia e quella dei suoi cittadini. Il viaggio di Abbate è un tornare indietro alla ricerca di quell'Italia che Pasolini descrisse nei suoi romanzi, nelle sue poesie, nei suoi film, in ogni suo intervento e la conseguente amara constatazione della sua scomparsa. I luoghi che vengono ritrovati, Donna Olimpia (l'ex borgata romana di Donna Olimpia), il Forlanini, l'ex sanatorio, il Quarticciolo, diventato quartiere-dormitorio, quei luoghi che Pasolini scelse per ambientarvi i suoi capolavori, diventano emblematici di un cambiamento che li ha resi semplicemente quartieri periferici, assolutamente irriconoscibili a chi volesse oggi ritrovarvi le atmosfere descritte da Pasolini; allo stesso modo le persone che vengono ricordate e citate quali Jacovitti, Franco Franchi, Laura Betti rappresentano un mondo irrimediabilmente lontano e non recuperabile, un mondo verso il quale il sentimento dominante resta quello della mancanza, della perdita, della necessità di un confronto. Il confronto col presente: è questo forse il tema conduttore del libro; la naturale, spontanea necessità al confronto con un oggi che, corto di memoria e allettato da un edonismo di marca inferiore, ha negato a se stesso quella ricchezza culturale che risiedeva anche nelle differenze, nello scambio, nella piena affermazione delle proprie individualità regionali e linguistiche in favore di una uguaglianza massificata che non ha, però, eliminato le disuguaglianze sociali, i privilegi o le caste. Nell'ultima parte del libro la piena affermazione da parte dell'autore che non si limita al facile rimpianto di tempi culturalmente migliori ma rivendica con forza la necessità di un ritorno all'indignazione, alla lotta, al dubbio che guida, al diniego, al coraggio; quel coraggio che fu di Pier Paolo Pasolini fino all'ultimo istante della sua vita. Pier Paolo Pasolini, dunque, come maestro di una possibile rinascita culturale cioè sociale; Pier Paolo Pasolini di cui oggi avvertiamo la mancanza in modo profondo; Pier Paolo Pasolini la cui opera tutta può ancora indicare una strada da percorrere.
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