Romanzo degli anni 90, ma è molto attuale, forse è quello che spaventa. Stephen King non delude mai..
Rose Madder
In fuga da Norman, il marito che la tormenta da quattordici anni, Rose riesce a rifarsi una vita e perfino a incontrare l'uomo giusto. Proprio nella stessa occasione, s'imbatte anche in uno strano quadro, un ritratto, che misteriosamente comincia a interagire con lei... Purtroppo, il sadico Norman si è intanto messo sulle tracce della moglie, lasciandosi dietro una scia di sangue e terrore. E quando la raggiunge, Rose capisce che per salvarsi dovrà calarsi nel "suo" mito - celato nel quadro - e trasformarsi in una dea vendicatrice...
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Autore:
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Collana:
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Edizione:1
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Anno edizione:2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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AP 12 gennaio 2025Fa pensare!
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YMD 21 dicembre 2021
Profondo e davvero coinvolgente. Ve lo consiglio!
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Libri Senza Gloria Blog Pop Nerd 11 giugno 2018
Il vero orrore è quello che si annida fra le pareti di casa, o meglio, in seno alla famiglia. Stephen King ce lo aveva già detto in Shining. Ce lo ripete in Rose Madder, dove il mostro non è un padre famelico ma un marito insaziabile. La violenza domestica è un tema verso il quale la letteratura fantastica si è dimostrata parecchio sensibile negli anni ’90, basta ricordare alcuni dei migliori episodi di Dylan Dog, e tristemente tornata alla ribalta ai giorni nostri. Rose ne prende tante da suo marito che è pure poliziotto. Un omone celebrato come eroe locale per avere arrestato un manipolo di narcotrafficanti. Norman in realtà ha pure: ucciso un’afroamericana che avrebbe potuto denunciarlo, sodomizzato sua moglie con una racchetta da tennis e l’ha fatta abortire al quarto mese. In questo Rose non può non ricordare l’altra donna vittime di molestie nella bibliografia di Stephen King, ovvero la mitica Beverly Marsh di It che da bambina le busca dal papà e, secondo il complesso di Elettra, si legherà a un uomo che le darà altrettante legnate. In Rose Madder una macchia di sangue sul lenzuolo cambierà ogni cosa: Rose ruba la carta di credito del marito, il nuovo nome da una canzone di Carole King (Rose Vera) e salita su un bus scappa in una nuova città. In un momento degli anni ’90 in cui la paura verso l’AIDS è ancora tangibile, Rose trova inizialmente ospitalità presso la Figlie e Sorelle. La casa famiglie per donne (dove orbita anche la Cynthia Smith che ritroveremo in Desperation) è diretta da Anne Stevenson che, nonostante il paragone cinematografico cui la sottopone lo stesso King, ci ricorda per physique du role e ufficio cupo Mary Stigmata, meglio conosciuta come la Pinguina dei Blues Brothers e già a sua volta ispirata agli spettri fluttuanti nella filmografia di Mario Bava. Rose recupera il cognome da nubile, McClendon, e paga un sovrapprezzo per non fare inserire il suo nuovo numero nell’elenco telefonico. In un banco di pegni trova un lavoro (prima cameriera d’hotel, poi lettrice di audiolibri) e un nuovo amore. Sempre lì vende lo zircone che suo marito gli aveva spacciato per diamante e lo scambia per l’inquietante ritratto di tale Rose Madder. Una donna di spalle che indossa un chitone rosa di robbia, si chiama quasi come lei e si aggira in una brughiera dove si intravede un tempio pagano distrutto. Una piccola macchia di sangue sulle lenzuola aveva innescato qualcosa nella mente di Rose convincendola a fuggire di casa. Ed è in una piccola crosta, uno di quei quadri insignificanti e senza autore finiti a prender polvere in un angolo, che Rose casca dentro. Finisce nella brughiera dove conosce la temibile bionda del quadro e la sua assistente (una nera che ricorda la testimone uccisa da Norman)...
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