Un vortice di emozioni, a volte contrapposte, già dal primo capitolo, che affronta un argomento delicato, quello dell’immigrazione nel nostro paese. Ti trovi catapultato nella tragedia, ci sei dentro, vivi il dramma, l’angoscia, il senso di sgomento profondo, l’ansia di non sapere che sarà di te, della tua famiglia. E vivi la speranza, che nessuna di tutte queste brutture riesce ad annientare. Non sei più quello che guarda la notizia al telegiornale ma sei uno di loro, e trascorri con loro il terribile periodo precedente l’imbarco, e quelli, altrettanto terribili, del viaggio e dello sbarco. E poi arriva lui, il Banchiere, con tutto il suo fascino, e la vicenda entra nel vivo, tra intrighi politici e tanto altro. I libri di Ferrario non si leggono con superficiale attenzione, bisogna esserci sul pezzo; non ti deve sfuggire nulla ma, soprattutto, devi leggere molto bene tra le righe, devi cogliere il messaggio. Al di la del personaggio, che ho imparato sin da subito ad apprezzare per quel suo essere spietato all’occorrenza, nascondendo però sotto la corazza un essenza tenera e romantica, una parte di lui che esce poco ma c’è, e rende ai miei occhi la sua spietatezza una necessità. Il romanzo non ci risparmia momenti crudi, ci sbatte in faccia una realtà che, signori miei, forse non la vogliamo vedere o non riusciamo ad immaginarla ai quei limiti, ma esiste. La crudeltà dell’ingranaggio politico, fatto di egoismo e spietato interesse personale, per il quale non si guarda in faccia nessuno, e la vita degli altri ha un valore economico finalizzato esclusivamente a gonfiare il capitale del politico o del mafioso di turno. Vi ci troverete e ritroverete. Non è esclusivamente un romanzo intrigante ed appassionante. E’ verità dei giorni nostri, è la società nella quale viviamo, raccontata scavando a fondo nelle viscere del male, della convenienza, della bruttura dell’essere umano, della mancanza di empatia ed umanità.
