Il genocidio armeno del 1915, “la distruzione su larga scala di una intera popolazione era stata già perseguita con successo proprio dai militari tedeschi dieci anni prima, in Africa, ai danni della popolazione degli Herero e dei Nami: il primo genocidio del XX secolo” (pag. 96). Il filo rosso nasce in Namibia nel 1905, affonda gli armeni durante la prima guerra mondiale con l’Impero Ottomano alleato allo stesso Impero tedesco, è sfruttato vent’anni dopo nella seconda guerra mondiale quando Hitler dice “Chi si ricorda più degli armeni?” (pag. 98) e subito dopo l’inizio della fine con l’Olocausto. Non è finita: nel 1919 a Nagorno-Karabach “una coda di rigurgiti anti-armeni” (pag. 89), sopiti durante l’Unione Sovietica, ma tornati subito dopo con nuovi attacchi dall’Azerbaigian, l’ultimo nel 2023. Il filo rosso, appunto: “la storia non è altro che una concatenazione di eventi su uno scacchiere molto vasto” (pag. 98). Da notare nella terzultima pagina (pag. 118) il perché l’attuale governo turco non riconoscerà mai il genocidio armano di oltre 100 anni fa: ma perché è sempre e solo l’economia che fa cambiare il mondo?
La marcia senza ritorno. Il genocidio armeno
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La notte del 24 aprile 1915 ebbe inizio il 'Grande Male', il Metz Yeghem. Sono passati cento anni dal genocidio armeno. Cento lunghi anni di silenzi colpevoli, di verità non ancora condivise. L'anniversario rappresenta un'occasione per riflettere su una vicenda controversa: la storia oggi interpella i governi per il riconoscimento del genocidio di un milione e mezzo di armeni. La condanna di un crimine simile rappresenta un atto di giustizia verso le vittime, verso la coscienza umana, verso i superstiti.
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Anno edizione:2015
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Andrea Moretti 23 dicembre 2023Il filo rosso armeno dalla Namibia fino ai giorni nostri
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