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Anno edizione: 2002
Anno edizione: 2023
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Credo che Patrick McGrath sia uno degli scrittori contemporanei più abili quando si tratta di raccontare le evoluzioni emotive e il decadimento psicologico dei suoi personaggi e, come parte immancabile del processo, il raggiungimento del punto di non ritorno. Lo fa con convinzione e facendoti immedesimare nel personaggio. Lo ha fatto in "Follia" e in "Grottesco" (gli altri suoi due romanzi che ho letto), e lo fa benissimo anche nel "Morbo di Haggard". A scatenare il declino, in questo caso, è un amore che nasce come gioia, piacere, esaltazione dei sensi, ma che poi diventa progressivamente ed ineluttabilmente ossessione, tormento, incubo, autodistruzione. Un libro denso, dalle atmosfere cupe, torbide (come sempre in McGrath), e dalla prosa incisiva ed elegante. Consigliato anche come prima opera per chi voglia avvicinarsi allo scrittore.
Patrick McGrath è riuscito anche questa volta a trasportarmi all’interno del racconto, e all’interno delle emozioni del personaggio. È una lettura abbastanza scorrevole. Molto carino
Ho sempre pensato che McGrath fosse un ottimo artigiano di storie con un minimo di mistero e con la capacità di confezionare ottimamente ambienti e personaggi. L’ambientazione anche qui è ottima e rende perfettamente l’Inghilterra allo scoppio della seconda guerra mondiale, fra la voglia di mantenere la propria way of life ed il timore dell’invasione. Però in questo Il morbo di Haggard manca la trama e l’attesa del lettore si stempera nella delusione per questo finale in cui l’irrealtà sfiora l’assurdo.
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