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Ho adorato questo racconto, o perlomeno la sua gran parte, e non so spiegarne bene il motivo. Ha un non so che di poetico, ha il sapore della malinconia e della serenità assieme. Sembra assurdo detto in questo modo, eppure è così. Il libro parla dello stare al mondo e dei doveri che ogni persona è tenuta a rispettare per il quieto vivere. Avere un aspetto decoroso, guadagnarsi da vivere in modo dignitoso e raggiungere una certa posizione. Essere quello che tutti si aspettano, non deludere le attese. Anche il nostro piccolo protagonista deve arrendersi all'evidenza: essere se stessi, essere diversi non è concepibile. È così che persino lui, dopo i tanti incitamenti da parte degli altri, e soprattutto dopo un bizzarro incidente con un passero, decide di dare un taglio alla sua chioma voluminosa e nera che tanto scalpore suscitava tra la gente. Quello che sembrava la fine, diventa invece l'inizio di una nuova avventura. Il ragazzo si reca da un barbiere a caso e lì incontra finalmente una persona vera, che ha conosciuto la bruttura del mondo e che, nonostante tutto, non si arrende. Finge di essere un barbiere perché è ciò che gli altri vogliono che sia, ma in realtà ama ascoltare e raccontare. Legge le persone, capisce di cosa hanno bisogno. Sa che il suo nuovo cliente ha bisogno di una storia che lo faccia sentire un po' meno solo, o perlomeno un po' più solo in mezzo agli altri. Gli narra di suo zio che dopo aver trovato porte chiuse dappertutto, ha scelto una strada pericolosa, che gli permettesse però di avere finalmente un suo posto nel mondo. Ho amato questo messaggio e il modo in cui è stato tradotto, che mi ha ricordato a grandi linee alcune importanti lezioni de "Il piccolo principe", tuttavia la storia delineata risulta decisamente breve. Avrei voluto che il barbiere raccontasse di più del suo sfortunato zio, e di più in generale. Una splendida magia svanita troppo in fretta.
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