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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2012
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Saggio molto "colto" e universitario, ma che conserva una vena divulgativa, che chiarisce la visione dell'autore sulla modernità e il perché della teoria del mondo "post moderno" come liquido (opposto a quello arcaico, "solido") . Si tratta di un'analisi della congiuntura attuale (la versione in oggetto ha una breve introduzione scritta nel giugno 2011) , da cui ognuno può dedurre le sue conclusioni. Bauman infatti non si sbilancia nel prevedere gli effetti della modernità liquida. Il libro di Bauman parla di tutti gli aspetti dell'attuale crisi esistenziale delle persone, degradate a vivere un'esistenza basata sul "vuoto". La sensazione è quella di uno stato di precarietà costante e di "insostenibile leggerezza dell'essere", per dirla con Kundera. Se è vero, come è vero, che il mondo attuale è quello che troviamo descritto in questo libro, l'unica alternativa è sperare nella prossima vita, quella Vera e lasciare che questa attuale, falsa e corrotta, scorra "liquida" e libera lontana da noi.
La metafora della liquidità, da quando Bauman l'ha coniata, ha marcato i nostri anni ed è entrata nel linguaggio comune per descrivere la modernità nella quale viviamo. Individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare. Bauman dà voce con dettaglio e precisione ai particolari che connotano la nostra attualità, le nevrosi, l'ansia, la perdita del senso, la mancanza di una comunità che precedentemente occupava il centro della vita delle persone. Persone che, con la liquefazione delle meta-narrazioni e delle relazioni tradizionali, si sono trasformate da cittadini ad individui, con le responsabilità, prima condivise con l'entità statale, adesso addossate unicamente sull'individuo singolo. La relazione lavoro-capitale è ormai dissolta, un divorzio irreversibile, perché voluto da chi, con la globalizzazione e la fluidificazione dei rapporti spazio-temporali, ha fatto e continua a fare affari, lasciando invece il lavoratore ancorato saldamente a terra, nello stesso luogo, con lo stesso lavoro, con le stesse difficoltà di sempre. Bauman ci sottolinea come flessibilità e deregolamentazione sono parziali e non universali, sono condizioni reali solo per le élite del capitale e non per l'individuo singolo, ormai soggiogato al potere di delocalizzazione del datore di lavoro e dell'impresa. Le due facce della globalizzazione sono, dunque: flessibilità per pochi e irrigidimento e solitudine per i più. Ecco che nascono le ansie e le paure: per la sicurezza, per la salute, per il benessere, per l’alterità. L’Altro diviene minaccia, perché non ritrovando più i nostri tratti identitari tentiamo di rimetterli in piedi tracciando limiti e confini molto stretti, oltre i quali il resto diviene fosco e temibile.
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