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Dettagli

2022
5 maggio 2022
224 p., Brossura
9788858147023

Descrizione

Mangiamo poche specie vegetali e pochissime varietà, tutte uguali le une alle altre. Esteticamente perfette. È un fatto naturale? Assolutamente no. È un fatto neutro e senza conseguenze? Assolutamente no. Nel corso dell'ultimo secolo si è perso il 75% delle piante e dei frutti commestibili a favore di varietà esteticamente perfette. Le mele che acquistiamo al supermercato sono, infatti, il risultato di una selezione genetica che le ha rese identiche le une alle altre. Il kiwi giallo o l'uva senza semi che hanno invaso i mercati, sono gestiti da potenti club che oggi decidono chi e come può coltivare frutta sotto brevetto. Pochi e potenti gruppi industriali hanno estromesso dal mercato altre varietà, riducendo drammaticamente l'agrobiodiversità e imponendo un modello produttivo che ha radicalmente trasformato l'agricoltura, rendendo i coltivatori dei semplici licenziatari. Una inchiesta sul campo che, per la prima volta, mette in luce le nuove forme di controllo del cibo e i rischi per la biodiversità.

Valutazioni e recensioni

4/5
(1)

Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.

Un mondo per me sconosciuto che si è disvelato all'improvviso, quello dei semi e delle piante. Un intreccio di brevetti, interessi speculativi e biodiversità che avevo solo marginalmente intuito... È incredibile quanto le nostre scelte che all'apparenza crediamo libere e consapevoli, siano in realtà già prestabilite e indirizzate da qualcun altro. Dal 1900 ad oggi, circa il 75% della diversità genetica delle piante coltivate si è persa, a favore di varietà genericamente uniformi e ad alta produttività, questo significa che l'uomo ha piegato in pochi anni la natura ai propri interessi. Frutta e verdura, insomma, sono diventati come un qualsiasi prodotto industriale, sempre uguale a se stesso perché noi lo preferiamo così: perfetto, grande e senza difetti. Mentre addentiamo una mela o un kiwi pensiamo alla coltivazione biologica, al km 0 e alla filiera corta ma, spesso, quel boccone non è altro che il frutto avvelenato del capitalismo vegetale e della filiera lunghissima.